Blu. Il cielo limpido, terso, estivo e luminoso. Il mare tiepido, spumeggiante, accogliente, lavanda e salamoia dell'essere. Freschezza dell'animo e spensieratezza dell'infinito trascendentale. Specchio infrangibile.

Blu. Il freddo ghiaccio della morte e della precarietà esistenziale. Il rigido abbraccio di Thanatos. Membra che si scindono, si deformano, supplizio tremendo, in attesa di un definitivo giudizio incorruttibile ed immodificabile.

Perché, Uomo, concederti il lusso dell'arcobaleno luminoso? Perché donare al tuo corpo il piacere della girandola cangiante? Perché arricchire i tuoi muscoli, la tua pelle, il tuo traballante regno mondano e materiale con l'eterogeneo cromatico?

Te lo sei meritato? Può darsi. O forse no.

Guardati. Sei smunto e pallido. Anoressico e deformato. Degradato e corrotto. Orripilante e orrorifico. Davanti all'immenso rappresenti la molecola più fragile, l'atomo più sfuggente. Innanzi alle fiere, agli uccelli ed agli insetti ti riempi di orgoglio e presunzione, unicamente per quella pseudo razionalità racchiusa in un molli e viscide cervici. Peccato che neanche te, artefice e mentore di grandi opere, demiurgo delle arti e delle scienze, aspirante profanatore dello spazio/tempo, sei in grado di placare il lato istintuale del tuo subconscio. Il Re delle bestie. Il Sovrano della fluidità morale e materiale.

Voltati. Tua moglie è nuda come un verme, esattamente come te; sta piangendo, è disperata, si attacca al tuo tronco come una sanguisuga, cerca consolazione: il frutto delle sue colpe istintuali le è stato sottratto dall'Autorità che tu ignoravi. Hai mistificato la Legge. Sciagurata progenie. La colpa di una colpa. La pena della pena. Infinita catena mortale. Non scindibile. Sarà la tua compagna di viaggio verso l'ultimo Tribunale. Durante la definitiva sentenza. Condanna o assoluzione. Niente attenuanti.

Osserva. Le pareti della tua caverna, del tuo fetido covo pullulano di immagini crude, scialbe, aspre. Sembra uno scherzo, non lo è. Il tuo dolore è immediatamente trasferito sulla grezza muraglia. Omini che lacrimano, inginocchiati, abbracciati, compassione che non serve a nulla, se non a ridimensionare la tua superbia e la tua risibile caparbietà. Sei tornato nella Preistoria mentale: non più graffiti illustranti le tue battute di caccia al bisonte ed al mammuth, ma te stesso. In fondo, pure te sei una preda facile. Cadi spesso nella più elementare trappola posta innanzi alla tua ombra.

Ghiaccio, gelo. Il fuoco dell'eterna sicurezza si è spento. Quel violento rosso infernale che ti scaldava il ventre ed il cervello ora non c'è più. E' la nuova glaciazione. Ricoprirà tessuti e ricordi, organi e sentimenti. Lederà, ferirà, ucciderà. Sarà scaltra e violenta, truce e dannata.

Ma tu, Uomo, dovrai riscaldarti. Si. Anche senza le fiamme delle pire. Anche senza il fuoco degli oracoli. Della brace e del camino.

Dovrai riuscirci.

Sopravvivi.

Pablo Picasso, La Vita (1903). Olio su tela. Cleveland Museum of Art, Stati Uniti.

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