Houston, Texas metà anni '80. I nostri protagonisti sono Bliss Blood e Scott Ayers, amano il delay analogico, quello ottenuto dispiegando il nastro magnetico sulle testine metalliche per centinaia di metri, lungo serpentine interminabili e avvolte su sé stesse, che forse mi ricorda il filo delle Parche (che metafora oscena, Debaser!), o più un gomitolo srotolato di nonna. Amano anche il suono sporco di sabbia, la psichedelia, la fiamma libera, il deserto, lo stoner in embrione ("Joshua Homme dove sei?", 1984).

Incontro Bliss Blood al Village, due anni fa. Vive da musicista come solo a NY si può fare, esibendo per un cachet di tutto rispetto il suo sorriso enigmatico che fa tanto Lydia Lunch se non fosse che Bliss Blood ancora canta sul palcoscenico. Mi recita: "Angry little teeth, sharpened pearl cuts and bitten, my bruised lips if I miss..." e sono in stato catatonico prima che possa accorgermi della citazione. Lei suona l'ukulele e in quel momento capisco tante cose anche di Amanda Palmer.

Acquisto "Beast of Dreams" anni fa da un amico in fallimento: deve svendere tutti i suoi CD e scappare in Spagna. Ha messo troppe firme nel posto sbagliato, mi dice, e noto una goccia di sudore scivolare, silenziosa come un geco, dalla fronte giù sul suo viso liscio, oltre la montatura dorata dei suoi occhiali alla Cutolo. Prendi tutto per 50 euro, c'è bella roba ma proprio non posso portarla con me. Non è esattamente la storia romantica dell'acquisto sulla bancarella dei ricordi, mano nella mano con l'amore infelice della tua vita, tutto ricordi di sesso, viaggi in moto, vento fra i capelli, prima dell'abbandono. Si tratta di uno che scappa, tant'è. Si tratta di uno gnostico praticante (sic!) e ha gusti strani. In pila alla cima, o comunque poco più sotto, ci sono Traffic, the Temptations, My Life in the Bush of Ghosts. Mi aiuta a caricare i cartoni nel baule della mia Twingo da gattara, si guarda attorno preoccupato, intasca i 50, saluta velocemente e sparisce per sempre.

Pesco un CD a caso, per il viaggio di ritorno, ed è questo Pain Teens "Beast of Dreams"; come sempre vado di shuffle e un po' makes my day perché le fottute leggi del caos mi propongono come primo pezzo quella Voluptus che è un punk slow tempo, sapientemente stesa al sole con le mollette di Bliss Blood che evidentemente canta senza le mutande indosso, come Iris Blond. Tanto che il mio bacino ondeggia inconsapevolmente poiché siamo in periodo stoner e il verbo più in voga è "penetrare".

Segue, a caso, Manouche, ipnotica e sensibile come le ali di una farfalla di metallo (cazzo questo Debaser), poi c'è Moonray che trasuda umori indiani, ma non indiani pellerossa, indiani indiani, quelli di Hollywood Party. Ok basta con le mie impressioni del cavolo.

Non ho mai ascoltato "Beast of Dreams" seguendo l'ordine della tracklist, ma non ne sono certa, perché una probabilità che lo shuffle ti riproponga proprio la sequenza ordinata 1, 2, 3, 4...12 è remota ma esiste. Tuttavia è un disco cangiante, caleidoscopico che muta ogni volta che lo senti. Caratterizzato da una produzione eccellente tipico della label Trance Syndicate e quante cose di eccellenza uscivano in quei '90.

Ogni tanto, se bevo troppo vino, torno con la memoria a quell'incontro con Bliss Blood al Village e la sovrappongo con l'immagine del mio amico fuggiasco che nelle visioni Nero d'Avola somiglia al Boss delle Cerimonie, mi alzo, vado a girare il ragù, traccia 3, crollo sulle ginocchia, mi rialzo dolorante manco se uscissi da una mischia di rugby, stendo gli addominali, Ember and Ashes, Invitation, bagno caldo, Swimming, sesso, Swamp. Basta voglio Mark Lanegan.

Sì un po' "Beast of Dreams" la vita me l'ha cambiata.

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