Un solo volto per tanti nomi, come tutti gli egocentrici a metà che prima cianciano di sé stessi e poi se ne pentono. Che si faccia chiamare Bonnie "Prince" Billy, Bonnie Billy, Palace Music, Palace Brothers, Palace o Palace Songs, Will Oldham o in nessun modo, il minimo comune denominatore è e rimane sempre lo stesso, ovvero: una frettolosa foto scattata con l'autoscatto dove lui è al centro di tutto e tutto il mondo alle spalle, sommesso e di conseguenza raccontato attraverso il riflesso e le ombre del protagonista.
E' nel suo stile cospargere la sua musica di "I" e "My", rendendo le storie così personali da vergognarsene, assumendo i tratti talvolta di un guardone e talvolta di un soldato sporco di terra e tutti i personaggi, tutti i ruoli che interpreta, sono coerenti e possibili per quel faccione che sembra vecchio di secoli.
Non mi stupisce che al momento di stampare il più personale di tutti i suoi dischi gli sia mancato il coraggio di attribuirlo a qualcuno. "Arise Therefore", registrato da Steve Albini e pubblicato dalla Drag City di Chicago nel 1996, non ha autore - anche se per comodità è attribuito ai/al Palace Music. Ci si rigira la copertina tra le mani e nessun nome compare se non quello di Will Oldham al canto e alla chitarra.
Non è immaginabile cosa possa essere accaduto nella vita di questo piccolo nascosto eroe americano, ma sarà stato sicuramente qualcosa di terribile, qualcosa di così terribile da fargli titolare, da lì a tre anni, un disco - il disco per il quale cercò di nascondersi ancora una volta, cambiando nuovamente nome - "I See a Darkness". Qualcosa che era in corso, che esisteva durante questo "Arise Therefore".
Will Oldham si spoglia di tutto eccetto una fioca luce che illumina se stesso, una drum-machine (nella mia immaginazione il vecchio Roland dei Big Black cambiatosi per l'occasione), una chitarra elettrica, qualche sprazzo di pianoforte e l'immagine che ne esce è incandescente poesia sussurrata, rarefatta, presente.
In maniera sintetica, quello che esce da questi solchi è il country e la tradizione americana che si modellano su una sofferenza personale, fornendo un'alternativa al fino allora esistente... in maniera più complessa questo disco e le sue parole sono il diario di un uomo che non può non raccontare di se stesso, che cerca di sfuggire all'attenzione dei più che continuano a seguirlo per la magia che riesce a creare, per il solo piacere che si può provare ascoltando qualcuno di così onesto da riuscire finalmente a provare pudore.
Will Oldham scattò la foto che divenne la copertina di "Spiderland" donando ancor maggiore suggestione a quello che è il disco della suggestione. Non può farci niente: tutto quello che fa gli sfugge dalle mani, consegnandosi alla bellezza e al cuore. Non sarà mai libero... a me non dispiace.
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