Con i Pale Waves sembra di essere tornati indietro a dieci, quindici anni fa, quando l’NME in Inghilterra era alla costante ricerca di una next big thing da dare in pasto a stampa e pubblico.
Adesso il mondo è cambiato, ma il modus operandi nel caso dei quattro ragazzi capitanati dalla frontwoman Heather Baron-Gracie è sempre lo stesso. Dopo un EP (buono) dato alle stampe sei mesi fa, i mancuniani Pale Waves si presentano sul mercato con questo esordio “My Mind Makes Noises”, ed è subito hype alle stelle. La stampa britannica non parla d’altro e i “nuovi The 1975” sono già sulla bocca di tutti.
Paragone assolutamente non casuale: il leader della suddetta band, Matthew Healey, è un sostenitore della band di Manchester, figura tra i produttori di questo esordio (assieme al compagno di band George Daniel) e i due gruppi condividono addirittura la stessa casa discografica, la Dirty Hit. Inevitabile che il sound dei Pale Waves sia molto vicino a quello dei lanciatissimi “colleghi”, se non altro perché l’intento (perlomeno iniziale) è lo stesso: prendere certo pop anni ottanta ed aggiornarlo alle moderne fascinazioni indie rock.
L’operazione riesce? A metà, e per diversi motivi. Il cocktail sembra quello giusto: i Cure più commerciali, i Duran più caciaroni e i Genesis post Gabriel (da “Invisible Touch” in poi) presi, frullati per bene, spolverati con zucchero a velo di marca 1975 e risputati fuori cantati da una specie di versione edulcorata della compianta Dolores O’Riordan. Tutto punta al mix perfetto, che però non funziona sempre a dovere, a causa di alcuni eccessi e di certe scelte davvero fuori fuoco.
L’album parte bene con una potenziale hit come “Eighteen”, e tiene botta quando i Pale Waves pompano deliziosamente dei synth bombastici quanto basta (“Red”, “Drive”), oppure cercano di asciugare il sound e costruire impalcature sonore leggermente più compiute, come nelle belle ballad “When Did I Lose It All?” e “She”, fino ad estremizzare nella conclusiva “Karl (I Wonder What It’s Like To Die)”, che porta tutto al minimo indispensabile.
Il giochino funziona meno, invece, quando i ragazzi strafanno e, complici testi assolutamente non all’altezza e davvero troppo adolescenziali per essere sempre e comunque onesti, sciorinano una serie di episodi troppo dozzinalmente pop, fino ad evocare fantasmi indesiderati come Taylor Swift e la peggiore Katy Perry.
Il debutto dei Pale Waves è vincente a metà; ci sono un discreto gusto melodico ed una scrittura di buona fattura, e si sente, ma si sente anche che i ragazzi si sforzano di piacere per forza, e che c’è una certa consapevolezza di voler mirare ad una fetta di pubblico ben precisa che però è volubile e soggetta a cambiamenti repentini.
Alcuni episodi fanno pensare che Baron-Gracie e soci possano prendere le adeguate contromisure con i lavori a venire, ed aggiustare di conseguenza il tiro. Con un altro EP già annunciato, assieme ad una virata (almeno nelle intenzioni) verso un suono più grezzo e punk, pare che la lezione (almeno a parole) sià già stata assimilata. In ogni caso, verificheremo molto presto.
Traccia migliore: “Karl (I Wonder What It’s Like To Die)”
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