Affacciandosi dalla finestra dei Palms la veduta è quella ampia che fa vista sui grandi e muti paesaggi naturali dimenticati dall’uomo evocativi del post-rock con un sole che riscalda senza tuttavia mai dare l’impressione di essere veramente asfissiante come in mezzo in un deserto o sui tropici. L’artwork in questo senso coglie abbastanza nel segno.

Per il resto siamo abbastanza lontani sia dal romanticismo metallico dei Deftones sia dai sali e scendi atmosferici degli ex Isis, qua non c’è instabilità.

E’ un disco estivo o da ascoltare ammirando le foto delle vacanze che furono. Le unghie escono giusto per qualche manciata di secondi si veda il finale di “Short wave radio” che è anche una delle più memorabili, senza dimenticare la full immersion nel relax di “Patagonia” giocata tutta sulle calde sfumature di basso di Jeff Caxide.                                                                                                                                                        In “Tropics” l’episodio più pop si sentono persino echi di Chris Martin (mi viene in mentre “Strawberry Swing”).

Chiude la dilatata e più strumentale “Antarctic Handshake” sicuramente l’episodio più coraggioso (a volte le vocals sembrano essere troppo presenti a discapito del tappetto sonoro che sta alla base) e più fitto di fraseggi chitarristici in cui Chino dopo un introduzione iniziale si fa gentilmente da parte lanciandoci nel mezzo di una non ben indentificata terra in cui neve e sole combattono in cielo per il predominio.

Che l’avventura dei Palms abbia inizio, se sarà solo fugace o sarà altro solo il tempo c’è lo dirà.

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