Stephen Elliott , autore e attivista US classe 1971, pare abbia dichiarato che 'The Adderall Diaries', il film del 2015 diretto da Pamela Romanowsky e prodotto da James Franco, avrebbe in effetti molto poco in comune con le sue vicende personali e di conseguenza con i contenuti dell'opera eponima, che voleva essere qualche cosa in bilico tra una specie di biografia e no-fiction, pubblicato nel 2009 e che costituisce ad oggi una delle sue opere di maggiore successo.

Purtroppo, perché mi piacerebbe (ma allo stato non so neppure se il libro sia stato mai pubblicato in italiano), non ho letto il libro e allora non lo so se e quanto quello che abbia dichiarato Elliott sia vero. Si potrà obiettare che, trattandosi di un libro scritto da lui, nessuno possa meglio dell'autore stesso esprimere un giudizio di questo tipo e sul relativo adattamento cinematografico nella specie. Ci sto e ne riconosco a prescindere la liceità. Solo che mi rendo conto che per chi fruisce di un'opera, l'interpretazione costituisce per forza un momento molto sensibile e che prescinda anche dai propositi e il pensiero dello stesso autore. In pratica, quando siamo al cospetto di qualsiasi cosa, ne facciamo sempre e comunque un nostro 'patrimonio'. Che può molte volte, perché no, non corrispondere alla realtà delle cose o comunque a quanto fosse negli intenti dell'autore. A parte questo, il punto sostanziale credo sia che Elliott non abbia apprezzato il film nel suo complesso, cioè: non gli è piaciuto, e da quanto mi risulta, neppure la critica lo avrebbe fatto, muovendo in particolare accuse sulla interpretrazione di James Franco e dell'intero cast di attori coinvolti, ritenute generalmente sotto tono e comunque prive di qualche spunto particolare.

Partirei effettivamente da qui nel parlare di questo film. Della figura di James Franco, un attore, regista e produttore divenuto sicuramente tra i più popolari e iperproduttivi del nuovo cinema americano a tutti i livelli. Questo lo pone per forza di cose al centro delle cronache e delle critiche e con effetti e commenti che sono in proporzione al livello della sua fama sempre crescente (il cinema americano è una macchina che funziona sempre) e che come tali non sono mai equilibrati. Però, considerando che questo film si fonda sostanzialmente sulla sua recitazione (oltre che sul fatto che sia stato lui a finanziarlo e che, non so come funzionino esattamente questi meccanismi ma tant'è, la regista sia praticamente una della sua 'squadra), ne consegue che non possiamo giudicarlo senza tirare direttamente in ballo la sua interpretrazione.

La principale critica che gli si muove è che James Franco avrebbe in qualche modo stancato perché sempre e comunque 'ripetitivo' nei diversi film e ruoli da lui interpretrati. Una affermazione che personalmente non condivido, perché considero invero Franco un attore eclettico e pure brillante nel mettersi in gioco in diverse situazioni anche radicalmente differenti tra di loro. Non trovo che abbia una personalità debole, al contrario: se è vero che non lo si possa considerare quello che si definirebbe un 'trasformista' e che non sia mai eccessivo, straripante e/o straziante come potrebbero essere ad esempio (cito i primi due attori che mi vengono in mente e appartenenti alla sua generazione) delle interpretrazioni di Jude Law oppure Jared Leto, Franco ha una sua maniera di recitare che è quasi una posa, una sua posa caratteristica che forse può essere anche sempre la stessa, ma che gli permette in qualche modo di accumulare e interiorizzare e quindi poi dosare a seconda del ruolo e delle situazioni le differenti emozioni che sa poi gestire sapientemente nel corso della durata di ogni singolo film.

Non entro invece affatto nel merito di altre critiche, come quelle rivolte a un grande attore come Ed Harris, che mi rifiuto semplicemente di commentare. Penso sia uno dei più bravi attori in circolazione e che non abbia praticamente nulla da dimostrare. Così, su due piedi, non mi viene in mente non solo nessuna sua interpretrazione che non sia convincente, ma anche nessun film da lui interpretrato che sia comunque da buttare via (non ho ovviamente la pretesa di sostenere che siano tutti dei capolavori, non stiamo mica parlando di Henry Dean Stanton). Chiaramente immagino questa mia affermazione ultima possa facilmente essere smentita facendo una rapida ricerca su internet, ma tant'è.

La storia del film è o almeno avrebbe dovuto essere quella dell'opera dello scrittore Stephen Elliott. Poiché sto parlando del film, mi atterrò ovviamente a quella che è la versione raccontata da Franco e Pamela Romanowsky. 'The Adderall Diaries' è quello che potremmo definire un biopic dai contenuti drammatici e alcune sfumature noir per quella che può essere la crudezza di alcuni contenuti e questo alone di oscurità che ricopre gli eventi narrati e in particolare quando di tratta dei numerosi flash-back del protagonista (che poi sarebbe Franco nei panni dello stesso Stephen Elliott). Ma è anche in qualche modo una crime story; la storia, infatti, è sostanzialmente quella di uno scrittore in crisi di ispirazione letteraria e in via generale per quello che riguarda tutta la sua esistenza a causa di partite irrisolte che riguardino la sua vita passata. Incapace di ricominciare a scrivere dopo avere ottenuto finalmente un importante contratto, comincia praticamente per caso a interessarsi a quello che è stato uno dei cadi di uxoricidio piu dibattuti e pubblicizzati nella recente storia degli Stati Uniti d'America, quello di Nina Saranova Reiser. La cosa comincia gradualmente a coinvolgerlo sempre di più, Stephen assiste direttamente alle diverse sedute in aula del processo al marito Hans Reiser, ascolta e documenta tutte le dichiarazioni e le diverse fasi, ne ricostruisce la storia e si interessa direttamente al profilo dell'assassino, fino a recarsi in carcere e incontrarlo direttamente.

La sua manager lo invita a desistere da quello che le appare un tentativo 'letterario' inutile, quello di documentare in forma letteraria e di no-fiction l'uxoricidio di Nina Saranova e lo svolgimento del processo di Hans Reiser, e lo invita a mettersi a scrivere sul serio, ma Stephen a questo punto non riesce più a scrivere e si rende conto che in fondo non è mai riuscito veramente a esprimere se stesso. Ci sono troppe partite irrisolte nella sua vita passata e in particolare un rapporto turbolento e violento con il padre cui non è mai riuscito a venire a capo. Ricomincia, dopo avere avuto seri problemi da ragazzo e essere finito in riformatorio, a fare uso di droghe, gli amici e la fidanzata lo lasciano a se stesso. Perde il contratto con la casa editoriale e quello con la realtà con il dolore e la rabbia che riempiono i suoi ricordi, quando all'improvviso e in maniera del tutto inaspettata il padre (che in sue precedenti opere letterarie aveva raccontato che fosse deceduto) cerca dopo anni di rientrare nella sua vita.

È un film su una persona, un giovane ragazzo che a un certo punto ha smarrito se stesso e dopo, nonostante l'apparente successo, non è più riuscito a ritrovarsi creando attorno e dentro di sé una specie di realtà illusoria e al contempo fragile, troppo fragile per poter reggere a lungo. La sua vita passata è fatta solo di ricordi confusi e sempre e comunque dai contenuti negativi. Al centro la vicenda che più lo ha scottato: quello che considera l'abbandono del padre che dopo la morte della madre, si risposò e successivamente incapace di aiutare Stephen, perso nei suoi problemi con la droga, finì per scomparire dalla sua vita.

Stephen voleva essere, raccontando la storia di Hans Reiser, uxoricida e padre di due figli, una specie di autore scandaloso e scrivere qualche cosa che fosse come 'A sangue freddo' di Truman Capote, ma con il procedere del processo (alla fine Reiser dichiarerà la propria colpevolezza e rivelerà l'ubicazione del corpo della moglie in cambio di uno sconto di pena) e lo svolgimento delle cose, appare invece chiaro che quello che vuole sapere Stephen è: perché. Perché Hans Reiser ha ucciso la moglie? E come può ritenere questa cosa avrebbe migliorato la vita dei suoi figli. Di conseguenza, perché suo padre lo aveva abbandonato e sempre trattato in maniera aggressiva e violenta. È in questo specchiarsi in una vicenda tanto drammatica che paradossalmente l'autore riesce a ritrovare la voglia di ricominciare a vivere e acquista una nuova visione più reale e completa di quello che è stato il suo passato e il suo presente e ricomincia a scrivere con un nuovo impeto e con quella 'credibilità' e verità che egli stesso aveva sempre voluto nascondere a se stesso e conseguentemente agli altri.

È un film che secondo me funziona. Lungi dal definirlo un capolavoro, ritengo che nel suo genere abbia diversi contenuti che possano interessare lo spettatore. Il protagonista è sicuramente un tipico personaggio border-line, giovane e piacente e all'apice del suo successo, ma che prima di compiere un altro scalino, inciampa letteralmente in se stesso e nel suo passato difficile. Il processo di riconoscimento di se stessi attraverso gli altri e quelle che possiamo definire le 'disgrazie' altrui, è un tema sicuramente affrontato molte, moltissime volte e anche nella storia del cinema sempre attuale (su due piedi mi viene da suggerire la visione di 'The Woodsman' di Nicole Kassell e con uno straordinario Kevin Bacon, un film che è un vero e proprio pugno nello stomaco), ma che continuo a considerare interessante. Questo mentre invece le polemiche vere o presunte e che sono seguite con il reale Stephen Elliott (che sta lavorando a un film in risposta a quello di James Franco, intitolato giustamente 'After Adderall: What if James Franco made a movie about your life?') aggiungono probabilmente ancora più sale alla storia e interesse negli spettatori (soprattutto se siete tra i suoi lettori) e in qualche modo, perché no, rimescolano praticamente ancora una volta tutti i contenuti del film.

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