Questa è musica per cerebrolesi. Ecco perché mi piace tanto. Più l’ascolto e più mi si stampano in mente due parole solamente: elettroencefalogramma piatto. Elettronica minimale, liquida e cerebrale. Questa è in estrema sintesi l’essenza del progetto musicale di Mark Nelson, ai più noto come voce e chitarra dei Labradford, qui in veste solista nel secondo capitolo del progetto parallelo ribattezzato Pan American. La costante sonora che emerge è una sola: un flusso elettronico impalpabile ed etereo, continuo ed inesorabile, diviso in sei tracce distinte tra loro ma, in un certo qual modo, legate a doppio filo l’un l’altra fino ad intrecciare un solo tappeto sonoro.
Un’architettura elettronica lineare e ripetuta sino all’ipnosi. Fin dall’iniziale “Steel Stars”, un sibilo ossessivo di oltre dieci minuti su cui si innesta una base dub ripetuta all’infinito. Continuando con “Code”, unica traccia vocale dove spiccano le flebili voci dei Low, e ancora con il ritmo statico e serrato di “Double Rail”, sul quale fiati e percussioni si rincorrono per tredici interminabili minuti. Nelle conclusive “K. Luminate” e “Both Ends Fixed” flussi di ultrabassi e suoni asincroni danno vita a costruzioni vuote, si alternano, si intrecciano in sequenza e si fondono come il mare e il fiume alla foce, paradossalmente immobili come acqua stagnante.
Geniale. Musica glaciale e silenziosa, fredda ma comunicativa. La colonna sonora ideale per il quotidiano quieto vivere o, meglio ancora, il sottofondo indicato per spegnere il cervello ed abbandonare i neuroni alle più subliminali divagazioni. Pensieri liberi.
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