Giappone, così lontano che, a volte, per scoprire qualcosa di sotterraneo proveniente dalle tue terre, devo risalire a caso fiumi tortuosi di pagine sparse nella rete fino a dimenticarmi da dov'ero partito, come mai, perchè, percome, perquando, e talvolta persino del perchè mi son messo al computer. E anche in questo caso è accaduto proprio così. Prima mi sono dovuto ricordare dove fossi. Poi come sono arrivato a questi Panicsmile. Detto fatto: guardavo i lavori di Jim O'Rourke, il perchè non me lo ricordo. Cosa c'entra il buon ex-Sonic Youth col Giappone? Semplice: ci vive. Gira che ti rigira Jim finisce per collaborare con una certa signorina di nome Eiko Ishibashi, e per produrne anche un bel dischetto ("Carapace" che, magari, recensirò). Bene. Arrivati a questo punto, risalendo ancora un po' le cascate del web, vengo a scoprire che la Ishibashi si divertiva a percuotere le pelli e i piatti in una band, i Panicsmile, appunto. Ci siamo arrivati. Allora decido di auscultarmi il loro disco del 2004, "Miniatures" per l'appunto e rimango letteralmente folgorato.
Parte "101 Be Twisted" ed è tutto irrimediabilmente storto, tempi, intonazioni, chitarre rugginose che che fanno il controcanto a badilate sulla batteria (Eiko, eri così dolce al pianoforte...), voce sghemba, punk astrattista. E se continuiamo su "Double Meaning" andiamo ancora "peggio": i territori battuti sono quelli di un noise-rock sanguinario, che fa da base ad una cantilena straziante, c'entrano di certo i Sonic Youth (ma anche i Nomeansno vah) qua, e le chitarre ne sono testimoni, e anche i riff ripetuti ossessivamente e distorti all'eccesso, ci sono due chitarre, sembrano 100, e si sente. Se a leggere il titolo "Wheater Report" vi vengono in mente Zawinul e soci avete proprio sbagliato, perchè, dopo un giro tribale di tamburi, parte una bordata lightiningboltifera, ritmo sincopato al massimo e nervoso oltre i limiti, un riff portante e il resto noise demolente. E invece se ascoltando "Destination Zero", col suo riff in tempi spezzati e chitarre belle alte vi vengono in mente i Don Caballero non avrete sbagliato per niente. Sentori di "jazz(core in qualche modo)" che s'imbastardisce con le influenze sopracitate, aggiungendo un tocco di indie stramarcio tramutandosi in tutt'altro a pezzo inoltrato, li troverete in "Fanatic Crisis". Andrete tranquillamente fuori di testa con la finale "Revolution No.71" che null'altro è che un cut up/mash up/fucked up impazzito di tutto e niente, suoni di videogiochi, pianoforte, voce ripetitiva, stralci di musica.
Nessun senso. Eppure tanta bellezza.
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