Sappiamo tutti (o quasi) chi sono i Pantera, e non hanno certo bisogno di presentazioni, ma se un giorno per caso vi doveste imbattere in un sano (e ruffiano) pezzo di hard rock dal sapore misto, diciamo un incrocio mal riuscito tra i Dokken i Ratt e i Van Halen, senza nessun segno particolare e senza eccedere in virtuosismi che vi farà pensare: "carino, ma non niente di che", allora potreste scoprire che erano proprio loro a suonarlo.

Chiaramente anche queste cose le sapete tutti, e cioè del "misterioso" passato glam dei Pantera a cui spesso i metallari moderni non hanno mai rivolto uno sguardo se non con l'occhio indignato e sorpreso per quello che facevano prima del loro planetario successo, quando avevano i capelli cotonati e i fuseaux aderenti. Siamo chiari, il genere hard rock è di tutto rispetto, quello che sorprende è come possano essere state le stesse persone a partorire poi tutta un'altra musica, e a segnare la storia del metal con proposte ben differenti. Ma basta paragoni con il passato, che tra l'altro non si rinnega ("Yesterday don't mean shit. . . ") e andiamo al disco, che rappresenta l'esordio discografico della band.

Come dicevo, si tratta di puro e semplice hard rock senza infamia e senza lode, molto melodico, con i riffs di chitarra trascinanti che uniti alla voce del cantante (Terence Lee) cercano in tutti i modi di fare breccia nel cuore dell'ascoltatore con ritornelli semplici e diretti trainati a loro volta dal ritmo. Lo standard delle canzoni è questo, con la tipica ballad di turno piazzata a centro album ("Biggest part of me"), che detta cosi vi farà pensare ad un disco scontato e banale. In realtà, ad essere onesti, se non sapessi che i tre quarti di questo gruppo (batteria, basso e chitarra) corrispondono ai nomi di Vinnie, Rex e Darrell la penserei esattamente cosi senza degnare nemmeno di uno sguardo in più il disco. Tutto suona di una piattezza disarmante e nessun membro eccelle in quello che fa. Visto comunque che si tratta di loro, visto che da "Cowboys From Hell" sono sempre stati uno dei miei gruppi preferiti e visto che si tratta del loro esordio lo prendo in considerazione sotto un altro aspetto, ma comunque con obiettività.

La canzone più interessante di tutte resta secondo me la title track, molto heavy nel suo incedere con il riff iniziale tosto e trascinante, a metà canzone un synth che crea un atmosfera più oscura e subito a seguire un discreto solo di chitarra. A proposito della chitarra va detto che in ogni pezzo si fa sentire molto la Dean di Darrell che suona molto acerbo, ma che dimostra di avere tanta voglia di spiccare. Chiaramente siamo ben lontani da quel caratteristico timbro di distorsione unico che macinerà i timpani di tutti i metal kids negli anni successivi e sarà copiato da tante band post-thrash, nu-metal e crossover, e diciamo che, più in generale, in questo disco non c'è un elemento che possa far minimamente presagire i fasti che riserverà loro il futuro.

Niente altro da aggiungere su questo album dall'orrenda copertina che si consuma in poco tempo (poco più di mezzora), se non che mi sento di consigliarlo solo agli amanti dell'hard rock più scontato, o ai Pantera fans che sono interessati alle loro radici, ma giusto per curiosità.

Il voto sarebbe un 2,5 ma ho arrontondato.

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