Un pomeriggio anonimo e particolare allo stesso tempo: un intervallo pomeridiano di stanca anche se non noioso, con un discreto e confortevole sole che entrava dalla finestra, con una temperatura gradevole, elementi ai quali concedersi come in un sonnecchioso ed inebriante stato di abbandono. Disteso sul letto, sento il mio cellulare che mi avverte di un sms: "ciao, che fai?", "ero disteso sul letto, e leggevo un po'...", "cosa leggevi?", "un libro che mi è arrivato questa mattina e che parla di Chet Baker. Conosci?", "no...", "era un trombettista Jazz americano, un bello e dannato, una specie di James Dean del Jazz che è morto tragicamente una ventina di anni fa. A me affascinano molto le storie che legano gli artisti alla loro vita e alla loro arte. Poi parla delle sue vicende italiane, paese a lui caro, e allora ecco un altro motivo...", "ah, interessante...". Percepivo in realtà che in quel suo "ah, interessante...", per lei non era interessante affatto, e quindi mi affrettai a cambiare discorso, con buona pace di Chet che avrebbe capito sicuramente...

Questo libretto (Stampa Alternativa, 69 pagine, 7,75 euro) accompagna il lettore in una specie di labirinto di impressioni umane ed artistiche, il quale ha il compito, in virtù delle testimonianze raccolte negli anni tra i vari personaggi (musicisti e non) che ne hanno condiviso varie stagioni italiane, di tracciare un profilo di Chet Baker: una delle figure dannatamente affascinanti di tutta la storia del Jazz. Cercare di decifrare una personalità così contraddittoria come quella di Chet Baker, è un'impresa pressochè impossibile; infatti, dai ritratti che vengono fuori, saltano fuori molte delle contraddizioni umane di Chet, dovute soprattutto alle intemperanze causate dai problemi con la droga. Ogni personaggio dice la sua, ne traccia un profilo, in base alla propia esperienza diretta con Chet e in base anche alla propia personalità rapportata a quella del Chet del momento. Questo sentire "varie campane alle volte discordanti" disorienta molto il lettore, ma allo stesso tempo centra il punto primario: raccontare molto di Chet, molte sfumature del suo carattere, del suo modo di vivere l'arte e del suo modo di rapportarsi agli altri attraverso l'arte o attraverso la "professione" del musicista.

Una stupenda introduzione (accompagnata da delle belle foto) è affidata a Nicola Stilo, sicuramente il musicista italiano che ha avuto con Chet il rapporto umano e professionale più intenso, soprattutto in un periodo difficile, ovvero gli ultimi anni della vita del trombettista americano; un periodo fatto di alti e bassi umani e professionali come nella migliore tradizione di Baker. Nicola non introduce con parole fredde o retoriche del tipo: "conobbi Chet nel..", oppure "suonare con lui era come se...". Nicola lascia spazio ad una lettera struggente, sentita, dalle quali parole si percepisce che a lui stesso non manca il "Chet mito", ma manca il Chet ragazzo generoso, il Chet dei dolori estremi comunicati con discrezione, il Chet elegante nei modi oltre che nei suoni, il Chet dei viaggi in macchina. Una lettera ad un amico musicista, non al mito di Chet Baker. Una breve introduzione sulla vita e la morte di Baker a cura di Lastella, ci porta alle testimonianze: ovviamente è un viaggio soggettivo di chi viene chiamato in causa, da cui appunto emerge ogni volta il "mio Chet", e ovviamente in un clima del genere e tutto un susseguirsi di aneddoti intensi e affascinanti: dalle suggestive e chic serate in casa del Principe Dado Ruspoli, uno dei bon vivant della Dolce Vita romana di fine anni '50 inizi anni '60, alle parole di Lucio Fulci, che racconta il suo amore per il Chet alle prese con una bellissima "Arrivederci" di Umberto Bindi, fino ad arrivare ai dettagli del film "Urlatori alla Sbarra". Poi una marea di storie raccontate da Gianni Basso, da Oscar Valdambrini, Luca Flores, Ennio Morricone, Massimo Urbani, Roberto Gatto, Carlo Loffredo, Picchi Pignatelli che racconta del suo Music Inn Jazz Club di Roma fondato dal marito Pepito Pignatelli, ovvero colui che organizzava le serate in casa del Principe Ruspoli. Era innamorato di Roma, Chet, e la testimonianza della Pignatelli è una tra le più belle presenti nel libro. 33 anni di storie italiane che hanno come protagonista uno come Chet Baker. Basterebbe questo e tutto ciò che ne segue...

 Forse un giorno mi dirà: "metti un disco di Chet Baker", ed io risponderò: "no...". In quel caso sarò geloso del "mio" Chet. Lei capirà...

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