Fulgenzio Innocenzi, ingegnere toscano e autore di scritti sulla lettura ottica e sulla meccanica di precisione, scrisse un unico romanzo, intitolato "Hermann"; dopo poco tempo, scomparve misteriosamente in mare, una quarantina di anni fa, al largo delle coste giapponesi. Il manoscritto Hermann è il motivo ispiratore dell'omonimo lavoro di Paolo Benvegnù.
O forse no. Forse è una clamorosa balla, Fulgenzio Innocenzi non è mai esistito, e Benvegnù ci prende bellamente per il culo. Conoscendone l'arguzia, la voglia di divertire e divertirsi assieme ai suoi (bravissimi) musicisti, potrebbe in effetti trattarsi di una storiella inventata.
Del resto, il personaggio è -come dire- abbastanza fuori dagli schemi. E fuori dagli schemi è il suo percorso artistico. In un mondo (anche discografico) in cui apparire è più importante che essere, le scelte dell'ex fondatore degli Scisma sono state sempre parecchio impopolari, ai limiti dell'autolesionismo. Al punto che, anche quando finalmente persino lui decide di "apparire", come nel dandiniano Parla Con Me di pochi giorni fa, mi piace pensare che sia stata la sua originalità a indurlo a scegliere di eseguire la pop "Love Is Talking" e la ballad "Johnnie And Jane", non esattamente i brani più riusciti del disco, almeno secondo me.
Ma lui è bravo, cazzo se è bravo. Anzi, per la verità dovrei dire I Paolo Benvegnù sono bravi (cioè lui e la sua band, perchè si "firmano" così, al plurale). Di una bravura quasi preterintenzionale. Se ne sono accorti in tanti, compresa Mina, che l'anno scorso reinterpretò il suo "Io E Te". Non se ne è accorto il grande pubblico, ma in definitiva al buon Paolo non sembra davvero importare granchè...
Rispetto ai suoi due precedenti dischi "completi" di inediti (tralasciando cioè vari Ep, e l'ottimo live "Dissolution" dello scorso anno), mentre "Piccoli Fragilissimi Film" era ricco di brani soft e introspettivi, il secondo "Le Labbra" era carnale e intensissimo; con questo "Hermann", la virata del talentuoso cantautore lombardo è in parte nella musica (catalogabile come rock ma che anche stavolta realmente spazia attraverso molteplici generi musicali), in parte nell'uso della voce, che qui predilige i toni profondi e bassi. Rimangono, assolutamente inalterate, la bellezza degli arrangiamenti e l'originalità della scrittura. I brani sono intrisi di citazioni colte, sia letterarie che mitologiche, a sostenere la narrazione dell'UOMO, e il suo percorso nel mondo, attraverso i suoi miti. Sono tutti elementi che lo rendono un disco difficile, anche più dei precedenti, e che necessita di vari ascolti per apprezzarlo pienamente.
Ma lungo le 13 tracce non ci si annoia mai, e spesso ci si entusiasma: come nelle chitarre elettriche di "Moses", nel prog-rock di "Il Mare E' Bellissimo", oppure nel crescendo lacerante (anche nel testo) di "Io Ho Visto". E come anche nella sinuosa morbidezza di "Avanzate, Ascoltate,", che, dopo un incipit che ricorda parecchio (troppo?) Karma Police dei Radiohead, si dipana dolcissima tra pianoforte e archi.
Tuttavia il punto esclamativo, il capolavoro arriva con la traccia 7, a metà del percorso di Hermann: è "Achab In New York", allo stesso tempo delicata e arrabbiata, semplicemente fantastica. Che sfuma con l'invito-ordine "Non dare alcuna spiegazione". La stessa cosa la diciamo noi a Paolo Benvegnù: fottitene dello show-biz, dei discografici, del pubblico che idolatra cariatidi del passato e personaggi stracotti ma "da classifica"; e fottitene pure di chi ancora una volta ti ha fatto fuori dal Premio Tenco. Non dare spiegazioni, ma continua così, a comporre quando vuoi e quello che vuoi, a suonare, divertirti e soprattutto emozionarci, come sei riuscito a fare anche stavolta.
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