Costato trecento milioni di lire, ‘Pirata!’ oppure denominatosi autonomamente ‘Pirata - Cult Movie’ del torinese Paolo Ciaffi Ricagno, regista, sceneggiatore e attore protagonista del film, fu presentato a Venezia nel 1984, ricevendo discrete attenzioni, diventando prima un oggetto di culto e poi ben presto un film giustamente dimenticato.
Il film era sicuramente un’opera particolare, che si configurava come un film di fantascienza ispirato tanto a ‘1984’ di George Orwell quanto a ‘Dr. Adder’ di K.W. Jeter e riprendendo al contempo quella estetica tipica di ‘A Clockwork Orange’ di Stanley Kubrick, ma che anche si proponeva come un vero e proprio musical e cui prendevano parte alcune tra le realtà del punk e della new wave italiana: Gaznevada, Kirlian Camera, Jo Squillo...
Interpretato come detto dallo stesso Paolo Ricagno nel ruolo del protagonista ‘Pirata’, oltre che dalle gemelle Gloria e Nadia Ferrero (recita nel film anche Luisella Ciaffi, madre del regista), il film voleva del resto proporsi anche come una specie di manifesto generazionale anticonvenzionale e in cui il regista identifica come causa primaria del degrado e della aggressività della nostra società la televisione e in generale il bombardamento di immagini attraverso tv, fumetti, sale da gioco, anche gli scatti di una polaroid. Una cultura che ci mostra come avveniristica e causa di degrado morale e culturale ma che da un’altra parte rivendica come tipica della sua generazione, come se questa di fosse comunque forgiata attraverso il superamento di queste esperienze e avesse in qualche maniera acquisito questo patrimonio e imparato a padroneggiarlo.
Ma questa non è l’unica ambiguità di un film la cui trama è incentrata sui due antagonisti e che poi alla fine sono la stessa persona o quanto meno due facce della stessa medaglia. In una ambientazione a metà tra il cyber punk e il culto per la belle époque, da una parte abbiamo il ‘sognatore supremo’, colui che ha instaurato una dittatura fondata sui mezzi di comunicazione e che controlla la popolazione con l’uso della violenza e il controllo delle loro menti grazie allo speciale ‘cappello dei sogni’. Un dittatore che forse non esiste o che esiste comunque solo perché appare alla televisione. Dall’altra parte abbiamo il ‘pirata’: un ragazzo solitario truccato come una specie di Pierrot e che si muove per le strade di una notte torinese senza fine su dei pattini in fuga dalle forze di polizia, dopo avere sottratto al sognatore supremo il suo cappello.
Questa caccia all’uomo fino alla scena finale carica di simbolismi e in cui avviene inevitabile il passaggio del testimone, si svolge in un susseguirsi di scene e di incontri con personaggi surreali e in atmosfere e situazioni acide e grottesche che secondo me sono anche rese in maniera efficace, sebbene il film non sia di alto livello qualitativo e sia altrettanto giustamente considerato come ridicolo e dimenticabile.
Ma qui vado forse controcorrente e dico che secondo me nonostante tutto, valga la pena estrapolarne i contenuti. Che alla resa dei conti non consistono in una critica al sistema capitalistico, per non parlare a quelle televisioni che in Italia proprio allora vedevano emergere prepotentemente la figura di quello che sarebbe poi diventato il ‘sognatore supremo’ per eccellenza.
Il film richiama infatti evidentemente a dei contenuti ‘sociali’ di una certa destra e muove una critica forte al blocco sovietico, che si ritiene affermato in maniera autoritaria e secondo la volontà di una entità superiore in cui identifica l’apparato burocratico del partito. Senza considerare anche l’aspetto legato alla stretta connessione con una certa scena punk e wave che fondata su di un imprinting sostanzialmente nichilista, ha probabilmente in alcuni casi in Italia (ma anche in Inghilterra) sempre guardato a destra.
Dai contenuti grotteschi e dipinti secondo quello stile futurista che già si riconosceva come fascista in ‘A Clockwork Orange’, dove Kubrick tuttavia si dichiarava invece provocatorio (e provocatorio lo fu certamente) contro le accuse definite moraliste e liberali, questo film lascia spazio a molti dubbi che di conseguenza vanno oltre l’opera in sé e che riguardano diverse forme e correnti di pensiero che si riteneva fossero rivoluzionarie ma che invece durante quegli anni spianarono la strada a quella che poi ci hanno presentato e costretto a prendere come la fine di tutti gli ideali.
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