Accade, delle volte, che il suono di una voce riscaldi più di un sorriso o di una carezza. Ci sono momenti, quelli sospesi tra il passaggio da un giorno a quello successivo, in cui delle parole sapientemente usate si fondono così bene con certe sfumature della notte da diventarne quasi una sorta di breviario, un canovaccio dove sono scritti speranze e sogni di uomini che hanno perso il sonno tra gli incubi azzurri del mattino accecante. In determinati lassi di tempo una voce, un piano e poco altro creano il mondo, raccontano storie di vita reale con la leggerezza di chi vede dall'esterno e traveste di poesia, senza emettere giudizi, la realtà che conosce e, talvolta, perfino comprende.
Paolo Conte è questo, un cantore che costruisce in tre minuti un romanzo fatto di musica, parole e trame, una specie di concept song talmente evocativa e potente da creare impalcature teatrali nella mente degli ascoltatori, così ti ritrovi lì, in una sala da ballo a danzare con una donna bellissima, senti le curve sinuose del suo corpo che diventano un tutt'uno col tuo, inebriandoti i sensi col profumo dei capelli, vorresti avvicinarti per baciarla, ma in quel momento il ritmo accelera, allora lei per un attimo ti sfugge via, la tieni solo per una mano, fino a quando con uno scatto la riporti a te e, allora, ti butti ed assapori quelle labbra rosse, d'altri tempi e luoghi come quel signore baffuto che, guardando la scena seduto al suo pianoforte, si fa una bella risata sorniona e continua a suonare. Pezzi di teatro corrono nel cervello quando si ascolta un artista come lo chansonnier di Asti, infatti ci vuole poco a voltare completamente pagina fino a trovarsi su un aeroplano che, sorvolando pian piano una distesa d'acqua, ti mostra un pianoforte a coda lunga nero, del quale però è meglio non fidarsi, in quanto, si sa, "in certi casi un pianoforte è un grido". La leggerezza del sogno è insita in chi fa delle parole uno strumento al pari di un sax o di una chitarra, ma la vera forza di lavori come "Reveries" sta nel creare una diversa scenografia alla storia senza intaccare minimamente la bellezza della sua trama, allora brani già splendidi come "Nord" oppure "Gioco d'azzardo" o, chessò, "Dancing" mutano solo coreografia, viene messa qualche luce in più, si da una spolverata maggiore ai mobili, si aggiunge qualche dettaglio ma la sostanza non cambia: i brividi ci sono sempre, quelle dolci sensazioni di sensuale malinconia che si attaccano al cuore come le immagini sulle pellicole fotografiche sono sempre lì, pronte a risvegliare ricordi, se ci sono, o a inventare desideri. Quando si padroneggia la materia viva della propria arte si può fare di essa quello che si vuole, giocando con melodie e arrangiamenti senza che questi si offendano in alcun modo, anzi collaborano pure, ti spingono a sperimentare a tentare nuove strade, diverse ma in fondo parallele, perché la sostanza dell'uomo rimane e permea sempre la composizione: non si può togliere l'aspetto contiano da un brano di Paolo Conte! Lui c'è sempre, con il suo sguardo scrutatore e la penna che "lavora di forbice" per trovare l'incastro giusto tra musica e parole, perché la prima viene sempre prima delle seconde, le quali, gentili e garbate come ragazze di buona società, non se la prendono e lasciano che a disquisire sia principalmente la signora più grande, maggiormente esperta e comunicativa.
L'artista astigiano, in questa raccolta, fa questo: cambia un po' mobilio, gioca con l'arredamento e piega l'arte poetica al vezzo del musicista, risultando vincitore assoluto della tenzone. Le sue stesse canzoni trovano nuova linfa nel diverso gioco di suoni che gli impone il loro creatore, il tutto senza perdere minimamente forza narratrice, bensì rimanendo fedeli al loro essere parte di un sogno che coinvolge persone e speranze diverse, accomunate solo dalla voce del medesimo direttore di orchestra: un simpatico ed elegante signore, ex avvocato, che per mestiere crea fantasie e dona racconti, facendo sognare anche chi è diventato troppo pigro per ascoltare il suo stesso cuore. Album come "Reveries" sono come fotografie in bianco in nero restaurate da una mano esperta e passionale: esaltano il valore del lavoro artigianale che c'è dietro di esse e nel frattempo mostrano più nitidamente dettagli che prima era meno visibili, il tutto accompagnato da un grande rispetto verso l'opera originale e le sensazioni che quest'ultima sprigiona. Noi non possiamo far altro che raccogliere il tutto nell'album personale della nostra anima, tenendoci stretti questi frammenti di bellezza in modo da ricordarci sempre, in special modo quando il rumore del mondo si fa troppo forte, che per sognare basta solo sapersi ascoltare dentro.
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