Seguire il percorso artistico di un autore per meglio comprendere i suoi prodotti recenti, è un criterio decisamente adatto per valutare l’ultimo album di Paolo Conte. "Psiche" (2008) aveva lasciato intravedere una componente astratta e bozzettistica che pareva preludere ad un nuovo corso. Ma gia "Nelson" (2010) ritrattava in parte questo andamento, alternando episodi “sperimentali” ad altri nella miglior tradizione. Con Snob il Maestro si riadagia sul suo cuscino, ma con la chiara sensazione che gli album precedenti non siano passati invano. Infatti, come spesso accade nella produzione dei grandi, giunge qui a compimento una tendenza, recentemente intravista, di riflessione ironica sui costumi (la parte letteraria) e di smantellamento del genere musicale. Si riaffacciano quindi i 3/4, gli andamenti chopiniani, le scansioni sudamericane, ma tutto è grottesco e sarcastico. Conte lavora sul “genere” del brano immergendolo in un liquido che ne rimanda spezzata ed indistinta l’immagine. Ed è subito chiaro da “Si sposa l’Africa”, brano inaugurale, irrestibile e trascinante nei beffardi stilemi africani che lo incorniciano. “Donna dal profumo di caffè” e “Tropical” rimandano al Conte d’annata ma, soprattutto nel secondo, è ormai perduto lo sguardo incantato sul quel che fu. Adesso tutto è metafora di un presente in gran parte incomprensbile. Bella “Snob”, di accentuata ironia, e splendida “Fandango”, brano misterioso che, lentamente, decostruisce lo stile della danza. “Incontro – Tutti a casa - L’uomo specchio”, magnifico trittico meditabondo. L’esitante traccia vocaledi “Gente” ne tradisce la provenienza. E’ una registrazione di metà anni 70, adornata in sovraincisione di puntillismi contemporanei di chitarra e pianoforte. Ne esce un pezzo enigmatico ed affascinante. E nei brani non citati, il linguaggio addirittura si asciuga in brevi folate idiomatiche o in ripetute parole tronche che confermano come l’occhio del nostro vaghi parodistico e canzonatorio sul reale. Avrei scommesso di sentire la voce del Maestro provenire, roca e distante, dal monte nebbioso dove pareva avesseeletto il suo domicilio artistico. Ed invece eccolo, sarcastico e guascone, a spasso nel contemporaneo a regalare la sua ineguagliabile ed altissima ironia.
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