Grande pianista, grande autore, grande creatore di atmosfere: è questo, e forse altro, l'astigiano Paolo Conte. Difficile non amarlo, impossibile parlarne male.
Prima del grande successo (e del giusto trionfo) di "Paris Milonga" Conte incide, nell'anno di grazia 1979, "Un gelato al limon", un album etereo, sensuale, quasi metafisico. Suoni e atmosfere di un altra epoca: mentre in Italia scoppia il fuoco (le Br) e Bettino Craxi si accinge a regnare l'Italia per quasi un decennio, Conte ci narra storie, amori e vite di metà anni Quaranta. Le donne, il whisky, le puttane, i gangsters, il teatro, il cinema, e uno spunto un pò più moderno, Bartali, l'emblema di un Italia ormai scossa dalla guerra e pronta, forse, ad un futuro leggermente un pochino migliore. Come si costruiscono le atmosfere ? Semplice, col ricordo. Conte ricorda, narra, poi esegue. Attraverso il lucido ricordo di un infanzia, di una adolescenza, di un amore, Conte manda a farsi friggere i classici strumenti tanto cari al nostro bel canto (chitarra, violini, batterie) e, unica eccezione: il pianoforte, utilizza strumenti antichi e suggestivi: marimba, honky tonky, kazoo, basso, clarinetto, clarino basso, flicorno, viole, celli, fisarmoniche.
Storie superbe di tanghi maliziosi, docce romantiche ai bagni pubblici, loggioni sensuali, donne viziose e altezzose. I brani, neanche a dirlo, sono magnifici: "Bartali" è il brano che riscatta, e fa ripartire, una carriera (benchè gloriosa e invidiabile) e racconta stupendamente, senza fronzoli o civetterie, vizi e virtù di un Italia che vede, un pò ciecamente, nello sport, e nel ciclismo, il riscatto di tutta una vita ("O quanta strada nei miei sandali, quanta ne avrà fatta Bartali") e poi conclude patriotticamente ("Coi francesi che si incazzano, e i giornali che svolazzano"); merita un approfondimento anche "Gelato al limon" vertiginosa opera quasi sinfonica che racconta viaggi, miraggi, illusioni, speranze e amore ("Donna che stai entrando nella mia vita, con una valigia di perplessità, ah non aver paura che sia già finita, ancora tante cose quest'uomo ti darà") in cui la geniale musicalità pianistica di Conte sembra voler elevare al settimo cielo un brano già di per sè bellissimo. Fra tenerezze e malinconie, "Un gelato al limon" si snoda attraverso memoria e fantasia: un album eccezionale, un esperimento di altissima classe, un monumento dedicato al ricordo e alla libertà, legittima ed esemplare, di fantasticare senza limiti o confini.
Un album quasi olimpico, forse un pò stracco verso il finale ("Uomo camion" è palesemente inferiore rispetto al resto del disco) ma che sembra non voler, e non poter, passare di moda nonostante il passare degli anni.
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