Arrivai alla cattedrale dopo non so più quanti giorni di cammino in un luogo sconosciuto ed arcano. L'edificio era imponente, oscuro ed ammaliante, con quelle colonne d'acqua che lo circondavano e che si spingevano in alto fin verso un cielo inesistente. Le gambe, che avevano perso la sensibilità da ormai parecchio tempo, si riattivarono come spinte da una forza dirompente e il cuore, fino a poco prima pigro nel suo battere, intraprese una corsa forsennata che mi attanagliava le viscere, in un'esplosione di paura, ansia ed eccitazione mai provati prima. Ero alla fine del viaggio, ora lo sapevo; finalmente avevo trovato ciò che cercavo, anche se non sapevo bene cosa fosse o perché lo stessi cercando.

In quelli che io immaginai fossero pochi attimi raggiunsi l'entrata dell'edificio. Era enorme e sembrava intagliata nell'acqua, anzi era come se fosse fatta della stessa essenza magica del liquido fonte di vita. Dovevo entrare, non avevo scelta e, come se qualcuno avesse ascoltato i miei pensieri, la grande porta si divise a metà, aprendomi la vista su un salone enorme, circolare, costellato da splendide colonne lisce come la seta e colorate di un azzurro vivo e splendente di vita. Al centro dell'immensa sala c'erano delle persone e, senza che neanche me ne accorgessi, mi posizionai in modo tale da celarmi al loro sguardo; però io potevo vederli: due avevano in mano degli strumenti, una tromba e un bandoneon, mentre gli altri erano ingombri da pesi. Sembravano conoscersi molto bene e, anche se non parlavano, si muovevano come se già sapessero perfettamente cosa dovevano fare, infatti i due strumentisti si accomodarono su due sedie che sembravano di vetro, mettendosi in modo tale da creare un vuoto che venne subito riempito dagli altri loro compagni. Passarono pochi istanti e la magia iniziò, inaspettata e suadente come la carezza di un vento improvviso e leggero. Gli uomini rimasti in piedi formavano un coro, mentre i due musicisti creavano un tappeto sonoro scaturito direttamente dalla penna di un sognatore eterno. Ero rapito, il dolore alle ossa, maturato durante tutta la lunga marcia che mi aveva portato in quel luogo segreto, era completamente sparito, sostituito da un specie di caldo torpore, mentre il respiro si assestò a livelli minimi, in modo da garantirmi la sopravvivenza e permettere al cervello di non perdere neanche una parola e una nota di quella splendida musica. Quest'ultima riempiva l'aria, oltre che di suoni, anche di colori ed odori: il sale del mare si mescolava ad echi di popoli lontani o forse mai esistiti, inviandomi ad ognuno dei cinque sensi lampi di deja-vu intensi come il sole d'agosto ma delicati come la brezza primaverile e, mente tutto ciò accadeva, loro, gli artefici di tutto questo incantesimo, continuavano a produrre la loro magia, suonando leggeri e senza costrizioni, facendo si che le voci e gli strumenti si fondessero in continuo unico, capace di rendere musicale anche le pause tra un brano e l'altro.

Non so per quanto tempo rimasi in silenzio a sognare nel mio nascondiglio, ma alla fine le note cessarono di scorrere e pian piano le mie membra ripresero il loro normale ritmo biologico. Gli uomini, che fino a poco prima erano al centro della grande struttura, erano spariti e l'unica cosa che riuscivo a sentire era il rumore dell'acqua che proveniva dall'esterno. Anche le due sedie non c'erano più. Forse avevo sognato, non lo so, però mi sentivo stranamente vuoto: quelle sensazioni non potevano essere frutto della mia immaginazione, dovevo provarle di nuovo; ero completamente assuefatto. Dietro di me una voce: "Torneranno vedrai, lo fanno sempre" Alle mie spalle un vecchio mi guardava sorridente ed io, incredulo nel trovare un altro essere umano in quel luogo, domandai: "E quando?" "Beh, questo non lo so. Ti va di aspettare con me?" "Certo, tanto sento di non aver nessun altro luogo dove andare" "E' normale, ora che sei arrivato cos'altro vuoi cercare"

Mistico Mediterraneo: Paolo Fresu - trumpet, flugelhorn; A Filetta Corsican Voices - Vocals; Daniele di Bonaventura: Bandoneon.

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