Avere 16 anni e non essere consapevole della vita felice che si conduce. Poi all'improvviso un maledetto giorno ricevere la notizia di un tragico evento che ti scombussola l'esistenza e ti costringe a rimetterti in gioco, a maturare subito. Questo potrebbe essere, in sintesi, la morale di "È stata la mano di Dio", ultimo film di Paolo Sorrentino presentato al recente festival del cinema di Venezia. Una pellicola molto intensa in cui l'autore narra quanto visse direttamente da adolescente.
Dietro un nominativo di fantasia (Fabietto Schisa) ecco la condizione in cui si trovava a metà degli anni 80 nella città partenopea. Figlio di un'agiata famiglia borghese (padre funzionario bancario e madre casalinga briosa) al centro di vivaci rapporti con parenti, conoscenti e vicini di casa (un'umanita' variopinta) , Fabietto è un giovane introverso tifoso del Napoli di Maradona . La sua vita scorre gradevole in una città ricca di stimoli culturali (sono gli anni di Troisi emergente al cinema e di Pino Daniele affermato in ambito musicale ) ma il destino cinico e baro ha in serbo un crudele scherzo. Scegliendo di restare in città per andare ad assistere ad una partita della squadra del cuore, non raggiunge i genitori nella villa di montagna . Qui, come viene poi a sapere, una fuga di monossido di carbonio uccide nel sonno papà e mamma, lasciando orfani Fabietto, il fratello e la sorella. Grande è lo strazio e l'essere stato casualmente risparmiato dalla disgrazia potrebbe essere considerato un colpo di fortuna (come fosse la mano di Dio invocata da Maradona per giustificare il suo gol irregolare contro la nazionale inglese ai mondiali di calcio nel 1986).
Ma, elaborato il lutto, Fabietto si rende conto che la sua vita deve cambiare di conseguenza, non riesce più a sentirsi motivato dopo la morte dei genitori. A chi gli obietta che a Napoli non si possono non trovare motivi validi per vivere, lui ribatte che "la realtà non mi piace più , la realtà è scadente." E pertanto ,derminato a dar corso alle proprie inclinazioni artistiche , sale sul treno che da Napoli lo porterà a Roma (in un finale riecheggiante "I vitelloni" di Fellini e la scelta del protagonista Monaldo di lasciare Rimini per Roma, patria del cinema).
In questo suo ultimo lavoro, Sorrentino si conferma autore dotato di una forte carica visionaria. Già nelle prime battute si viene risucchiati in un flusso di sequenze dense di personaggi di grande presa. Tanto per dire, qui compare una specie di san Gennaro che, a bordo di una limousine, si ferma all'angolo di una strada per invitare Patrizia, zia di Fabietto, a seguirlo per risolvere un problema di cui soffre. È un avvio di film che un po' richiama l'incipit di "Otto e mezzo " di Fellini, di cui Sorrentino costituisce un po' un degno erede in quanto a capacità di incantare e sedurre lo spettatore.
E poi c'è una variopinta serie di personaggi di grande presa . La già citata Patrizia zia di Fabietto (interpretata magistralmente da Luisa Ranieri) è indimenticabile per la sua forte presenza solare e sensuale, una donna purtroppo affetta da forti scompensi psicologici a motivo di un inappagato desiderio di maternità. Ma anche il padre di Fabietto (il solito superlativo Toni Servillo ) e la madre (Teresa Saponangelo) non sono da meno quanto a rilievo nel dipanarsi della trama unitamente a tanti altri caratteristi. Senza dimenticare il protagonista Fabietto (interpretato da un giovane e ottimo Filippo Scotti) alle prese con le ansie e le difficoltà di crescere e maturare tipiche di chi è tanto giovane da fronteggiare le dure prove della vita .
Tutto sorretto da una grande prova registica di Sorrentino che filma in modo sentito e toccante una svolta decisiva nella sua esistenza (basterebbe notare come inquadra i genitori mentre si assopiscono e muoiono inconsapevoli per le esalazioni di monossido di carbonio in quella fatidica serata..).
"Ho fatto quello che ho potuto, non credo di essere andato così male" . Questa è la frase di Maradona, citata nei titoli di testa della pellicola che penso possa essere riferita anche a quanto Sorrentino è riuscito a fare fino ad oggi nella sua carriera artistica . Anzi, con "È stata la mano di Dio" si è superato e ha firmato il suo film migliore. Complimenti Paolo!
Carico i commenti... con calma