Suonano in cielo tutte le campane

sopra il Carroccio. È la città che parte:

parte levando un lento aereo canto

con tutte le sue torri.

(Giovanni Pascoli, "La canzone del Carroccio", 1908-09)

 

Il libro

Si tratta di un libro del giovane giornalista toscano Paolo Stefanini (1980), presentato da Enrico Deaglio, in cui si riflette, in maniera compiuta ed al contempo preoccupata, sull'affermazione della Lega Nord nell'Emilia-Romagna, prima delle recenti elezioni regionali che hanno in effetti consacrato, per la prima volta nella recente storia italiana, la significativa avanzata elettorale del Carroccio a sud del Po (anche in Toscana e nelle Marche).

L'assunto del libro è che in queste terre la Lega sia, con efficace metafora, un "cocomero", verde fuori e rosso dentro, ovvero un movimento di sinistra, dietro ogni altra apparenza, e che Bossi possa addirittura essere considerato come un novello Berlinguer.

Affermazioni di questo genere vanno ovviamente contestualizzate ed analizzate nel lungo periodo: ciò non toglie che la Lega Nord confermi un carattere post-ideologico che non consente di spiegarla, agevolmente, con le categorie politiche impiegate per i partiti del XX secolo, trattandosi di un movimento socialmente trasversale, di destra e sinistra assieme.

Emilia paranoica?

Il commento di De Lorenzo

Molti cortesi utenti - che ovviamente ringrazio - mi hanno scritto privatamente chiedendomi di intervenire su DeBaser, anche con un editoriale, per commentare gli esiti della recente tornata elettorale regionale, solleticandomi con osservazioni alquanto acute circa la mia capacità di prevedere il futuro; occhieggiando, in particolare, ad un mio precedente saggio dell'estate 2009 - in cui di fatto anticipavo la possibile affermazione della Lega Nord in Veneto e soprattutto Piemonte- e nell'ulteriore scritto del gennaio 2010, dedicato a Mara Carfagna ed alla questione femminile, sottovalutato da parte di alcuni utenti ma non dalle decine di migliaia di elettori campani che hanno premiato il Ministro delle Pari Opportunità con un'enorme messe di voti (oltre 55.000), a conferma delle indubbie attitudini politiche di questa giovane donna.

Tralascerei, in questa occasione, di tornare sul "caso Carfagna", rispetto al quale penso peraltro di aver già chiarito la mia posizione in tempi non sospetti, occupandomi, piuttosto, della Lega Nord e del suo sfondamento politico in una Regione considerata, un tempo, territorio inespugnabile della sinistra, come l'Emilia - Romagna: penso che tutti conosciate queste zone, sia le sue spiagge che il suo non meno intrigante entroterra.

Terra difficile da sceverare, l'Emilia Romagna, nella quale convivono diverse anime, giunte nel corso dei decenni a mirabile sintesi nel locale modello politico: penso alla matrice socialisteggiante d'un Pascoli de "La grande proletaria si è mossa", poi trasfusa al giovane Mussolini di Predappio prima di giungere alle più ampie concezioni totalitarie del Fascismo (in cui gli echi corporativi riproponevano le antiche riflessioni maturate ai piedi dell'Appennino) e giunta a definitiva maturazione democratica nella vita e nelle opere d'un Nenni; alla dimensione comunista dell'entroterra emiliano, con epicentro quella Reggio-Emilia in cui il PCI raccoglieva notevole consenso, toccando maggioranze "bulgare" e prospettando modelli di sviluppo culturali ed economici analoghi a quelli applicati dall'URSS nei paesi del Comecon; non vanno peraltro trascurate le fortissime influenze del cattolicesimo padano, spesso riformatore e privo di soggezione di fronte alle tendenze più conservatrici della curia - soprattutto bolognese (pensiamo soprattutto ad un Cardinale Biffi) - espresso da figure di primaria importanza come Don Giuseppe Dossetti ed il think thank che sui suoi insegnamenti si è rispecchiato per decenni, come testimoniato dall'attività politica e culturale di Beniamino Andreatta o Romano Prodi.

Da qualunque angolazione si voglia interpretare la politica emiliano-romagnola, ed il paradigma - direi quasi il "mito", la "mitopoiesi" o forse "narrazione" come piacerebbe a Vendola - che da essa è scaturito, mi sembra di poter sintetizzare le sue caratteristiche e la sua anima in un profondo solidarismo, quasi un minimo denominatore fra socialismo, comunismo e cattolicesimo dell'impegno sociale: solidarismo in forza del quale la sfera pubblica ed il pubblico potere divenivano strumento di servizio sociale a favore dell'intera popolazione, partendo ovviamente dalle fasce disagiate, e finendo per toccare financo anche le classi più abbienti all'insegna di una koinè ideologica in cui ceti produttivi e lavoratori si trovavano riuniti sotto vessilli e stendardi comuni, all'insegna di un progresso di cui non erano chiari i contorni, ma di cui si percepivano i concreti benefici in epoca d'abbondanza e magnifiche sorti progressive tipiche del miracolo italiano e del fordismo.

Come tutti sanno, tuttavia, tale quadro, per certi versi rassicurante, sembra essere infranto negli ultimi anni, in cui al vecchio consociativismo social-catto-comunista sembra essere subentrata, anche in queste terre, la fortissima affermazione della Lega Nord, rappresentante delle preoccupazioni e delle proteste di un corpo sociale che si vede privato di garanzie e, soprattutto, solide prospettive economico sociali.

Qui mi piace peraltro aprire una parentesi, che forse m'avvicina all'utenza media del sito, grazie anche ai preziosi suggerimenti di alcuni amici ed amiche cui ho chiesto aiuto per aggiornare il mio linguaggio e più addentro al mondo giovane di quanto non lo sia, in effetti, chi scrive: il collasso del vecchio sistema, per certi versi consacrato da cantautori come F. Guccini o P.A. Bertoli negli anni '70, per non dire dello stucchevole B. Bertolucci di "Novecento", è stato previsto da alcuni artisti che mi dicono andare per la maggiore presso i giovani, come, negli anni '80 e '90, i CCCP ed i CSI dell'intellettuale cattolico Giovanni Lindo Ferretti, che seppero forse più di altri mettere a nudo il provincialismo del comunismo emiliano ed i suoi lati espressionisti, se non addirittura kitsch e post-ideologici, al dunque significativi in quanto "significanti" (ovvero sloganistici), ma non in quanto dotati di un qualche "significato" politico; più recentemente, da un gruppo come gli Offlaga Disco Pax, che bene hanno evidenziato il progressivo disfacimento degli ideali pseudocomunisti in una società al fondo consumistica come quella emiliana, in cui, al pari di tutta Italia, l'individuo sembra innnanzitutto votato al perseguimento del proprio benessere personale - secondo schemi utilitaristici alla Bentham o alla Mill - accettando solo in un secondo momento di distribuire eventuali surplus produttivi con il proprio prossimo.

Qui sta, in effetti, il punto focale del problema, ed a mio sommesso avviso la spiegazione dei recenti risultati elettorali: il social-comunismo intriso di cattolicesimo emiliano può funzionare solamente a condizione che il tessuto economico permetta di canalizzare i voti verso forme neocorporative di gestione di un benessere diffuso, ma entra radicalmente in crisi in momenti di sofferenza economica e di timore sociale - ad esempio a causa dell'immigrazione massiccia, dell'assalto alle città da parte di extracomunitari e simili, della crescita dello spaccio e commercio di droga ad opera dei soliti noti - in cui il voto viene canalizzato verso formazioni politiche dal messaggio più schietto, diretto, e dalla capacità di leggere il mondo per come esso è, e non per come si vorrebbe che fosse, in base ad un filtro ideale, "pascoliano" appunto, per non dire infantile e favolistico, come quello della sinistra emiliana: aspetto pascoliano ed infantile che, se vi capita l'occasione - emerge netto in brani come "Piccola Pietroburgo" o "Cinnamon", ma anche "Dove ho messo la golf?", dei menzionati Offlaga Disco Pax.

A ben pensarci, non vi è da stupirsi: se, infatti, utilizziamo le lenti del pensiero marxiano per spiegare il fenomeno, può agevolmente intendersi come ad un collasso economico (chiusura delle fabbriche, crisi dei centri storici per il caro affitti ed arrivo degli extracomunitari a togliere spazi d'impiego e sociali, aumento della criminalità italiana e straniera a causa della crisi produttiva ed occupazionale) sia inevitabilmente corrisposto un collasso ideologico, essendo per certi versi il modello politico di quelle terre sovrastrutturale rispetto al tessuto economico sociale di una terra ricca d'ingegno individuale ed ubertosa come la campagna emiliano-romagnola.

In tale prospettiva, non sono peraltro d'accordo né con i canti di dolore di prospetta la sparizione del modello emiliano-romagnolo, né con chi vede nel neo-Leghismo di queste terre una frattura od una involuzione rispetto ai cardini del pensiero di sinistra: non tanto nel senso, pur propugnato da Massimo d'Alema negli anni '90, per cui la Lega sia una "costola della sinistra", quale indubbiamente è nel parlare da pari a pari ad operai, salariati, piccole partite Iva e soggetti vessati dalla povertà; ma quanto, e soprattutto, nel senso di costituire l'evoluzione ultima - mi sia permesso di dire: il compimento - del vecchio pensiero emiliano-romagnolo, riallacciando la sua dimensione a quella del Nord vero e proprio, come la Lombardia, il Piemonte ed il Veneto.

L'impostazione di chi scrive, insomma, è che non sia la Lega ad essere un cocomero (verde fuori e rossa dentro), ma che fosse il modello emiliano tradizionale ad essere come una mela (rossa solo fuori, e di vari colori, tendenti comunque al bianco, dentro).

Si consideri infatti come il collante della sinistra emiliano-romagnola fosse il culto e la protezione della propria piccola patria - un piccolo mondo antico come descritto dagli Offlaga Disco Pax, non meno che dal Guareschi di "Don Camillo" o dal Pascoli de "Le canzoni di Re Enzio" - in cui il consociativismo del centro cattolico e della sinistra più o meno estrema, soprattutto nei centri provinciali e rurali, erano funzionali, non meno che in altre zone d'Italia, alla conservazione dei vantaggi acquisiti ed al mantenimento dello status quo, piegando strumenti sociali (cooperativismo,  sindacalismo) a tali finalità senza alcuna autentica connotazione ideologica ulteriore alla coltivazione del proprio orticello, utilizzando un vocabolo d'ascendenza tipicamente voltairiana.

Nel momento in cui agenti interni ed esterni minacciano tale piccolo mondo, tale oasi, tale nido pascoliano, mi sembra del tutto ovvio che la popolazione locale sposi il linguaggio e le proposte elettorali di una Lega Nord che, complice anche la coerenza del proprio messaggio e le recenti cadute di stile della sinistra emiliana (caso Delbono in primis, ma non dimentichiamo l'Unipol: non si può impostare un messaggio politico sulla propria superiorità morale senza esserlo davvero), sa più di ogni altra forza politica contemporanea rappresentare le pulsioni ed i bisogni più profondi e radicati dell'elettorato.

Non resta, ora, che restare in attesa degli sviluppi futuri di quest'affermazione elettorale, curiosi di cogliere la declinazione emiliano-romagnola del leghismo: la mia sensazione è che la Lega abbia semplicemente scoperto delle caratteristiche latenti di quella società.

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