I francesi hanno già dato. È per questo che oggi si affidano all’eclettismo. Oppure, i francesi stanno dando. E magari è per questo che oggi ci sottopongono le loro vibrazioni cosmopolite. L’imperialismo congenito si sente nei loro risvolti musicali più contemporanei. Parole come “contaminazione” o “influenza” hanno poco senso se affiancate al livello interpretativo di un gruppo come i Paris Combo,  multietnici per caso. Il saccheggio di atmosfere esotiche lontane e vicine è perpetrato con la proverbiale nonchalance d’oltralpe. Le atmosfere, meraviglie dal mondo, vengono piegate con ipnotica opera di soffice francesizzazione. Succede che ambienti culturalmente lontani subiscono l’erotica modellazione impiantata sul’erremoscismo più borghese e diventano, così, dischi come questo "Motifs" (2005) dove, alla babele di provenienze, si impone senza violenza alcuna lo charme del codice di comunicazione dominante. Francese, appunto.

Così che quando si ascolta nel tepore da calice (italiano, per giunta) il lavoro dei cinque di base a Parigi, pare di individuare orgogli nazionali differenti che hanno perso la propria identità. Ma non se stessi. La chanson mette in riga le arrendevoli musiche straniere che vengono iniziate allo snobbismo, in atmosfere da opera di Édouard-Henri Avril, lì dove l’ancestrale e connaturato spirito bohemienne si manifesta elegante ed affettato nella sua virulenza contemporaneamente pornografica, in una specie di modernismo eretico.

Ma fermiamoci all’erotismo. La samba, la bossanova, lo swing, il jazz, le musiche della dolce vita, il tango vengono sbeffeggiati e sedotti  dall’incedere pensoso e colante di surrealismo di una passeggiata nella Montmarte di Henry Miller. I mezzi utilizzati per raggiungere l’obiettivo della coercizione sono presto detti: la voce femminile da proprietaria di una galleria d’arte di Belle du Berry, arrangiamenti di facciata ma tanta buona maniera, tanta sofficità arrogante nel trattare le poco composite partiture. In apparenza il disco non ha pretese. È solo quando ti ha lentamente convinto di essere attraente che finisce e pensi di averlo perso. Chitarra, basso, banjo, batteria, tromba, piano e una effeminata voce maschile africana, che perverte ad arte le ascoltatrici.

 

World music à la francaise, per questi progressisti illuminati dal conservatorismo più furbo

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