"Come genere poi mi sto appassionando al funk"
"Ah si che fighi i Ramones e i Clash! A Bologna due anni fa poi sono andato a vedere i Blink-182 che figata!!"
Il funk dovrebbe davvero essere un genere rivalutato dagli hipster pseudointellettualoidi che iniziano a frequentare le nostre città, i nostri bar, i nostri siti preferiti. Distinti ma spesso uniti alla già diffusa razza degli indie coi jeans superskinny e l'immancabile reflex, essi perseguono la loro accanita crociata contro il mainstream e l'overrated. Il punto è che, ricercando musica per forza sconosciuta e profonda finiscono di solito per ritrovare quella che non è famosa per motivi più che giustificabili. E non se ne accorgono.
Il funk invece è musica che rende felici tutti quanti, quando trovi quello giusto. Ci sono ottimi musicisti, vengono affrontate tematiche interessanti, può essere allegro, spensierato, intenso, danzereccio od allucinogeno ed è in gran parte da riscoprire. Sì perché una volta che esso ha cessato di essere mainstream, ha condotto nell'oblio tonnellate di grandi dischi. Col funk gli hipster alternativoidi potrebbero coniugare l'allegria di questa musica al loro elitarismo da quattro soldi. Oltretutto la loro saccenza verrebbe premiata dal saper riconoscere quella galassia di sample e campionamenti riciclati dalla musica pop, hip hop ed elettronica commerciale negli ultimi vent'anni. Spesso purtroppo non è così invece, ed è un vero peccato.
"The Clones of Dr. Funkenstein" (1976) è uno dei capitoli P-Funk più eminenti, e basterebbero il titolo e la copertina a renderlo tale. Nei fatti si tratta di un disco gustoso, intenso, di puro funk e ritmo, in una parola un album divertente ma non banale. Rispetto agli album immediatamente precedenti e a quelli successivi, "The Clones..." vede un accorciamento della durata media delle canzoni per puntare maggiormente sull’orecchiabilità e sul coinvolgimento melodico immediato, riuscendo però a crescere comunque ad ogni ascolto e a non stancare a breve distanza come spesso accade con la musica di facile presa.
Indimenticabili i cori di "Dr. Funkenstein", davvero stupende "Children of Production" e "Gettin' To Know You", indimenticabile "Do that Stuff", pluri-campionata (si pensi ai Röyksopp di "Happy up Here"), pienamente azzeccate "Everything is on the One" e "I've Been Watching You (Move your Sexy Body)".
Insomma uno di quei dischi energici e che ti mettono di buon umore. E che, soprattutto, lo fanno senza farti sentire ingenuo.
Se vi piacciono i Parliafunkadelicment, il funk o gli anni '70 ascoltatelo per forza. Se siete degli alternativi per definizione, convertitevi e penitenziagite.
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