Con "Original Soundtracks 1" gli U2, accompagnati da un'astronave chiamata Brian Eno, prendono letteralmente il volo verso suoni e dimensioni sconosciute. Lo spazio si dilata e prende mille forme e colori. Ogni cosa è imprevedibile, e l'atmosfera rarefatta e colma di chiaroscuri rende ancora più affascinante quello che è il disco più misterioso e intrigante dell'intera produzione uduica. Anzi, questo è l'unico VERO disco U2+Eno. Non a caso per l'occasione viene tirato fuori un nome apposito per il nuovo supergruppo, che verrà chiamato, appunto, Passengers.

"Original Soundtracks 1" è un disco assolutamente sconosciuto, spesso anche tra i fan stessi della band.  A una prima occhiata, esso potrebbe essere catalogato tranquillamente come il lavoro in cui lo sperimentalismo uduico, cominciato con "Achtung Baby" e proseguito nel ‘93 con lo splendido "Zooropa", abbia toccato l'apice assoluto, finendo  per completare naturalmente il cambiamento di rotta iniziato nel 1991. In realtà, il disco è totalmente fuori da qualsiasi canone al quale gli U2 ci avevano abituato negli anni passati, (che si consideri o no una rivoluzione quella di "Achtung Baby"), e finisce per svincolarsi totalmente dalle orbite attorno le quali ogni disco precedente aveva ruotato.

"Original Soundtracks" è caratterizzato da un accento esplicitamente elettronico, questa volta davvero protagonista, non più di contorno, con forti e assolutamente non casuali richiami alle atmosfere ambient. Non sono gli U2, non è la stessa band, o almeno così sembra. Non a caso, le canzoni all'interno dell'album erano state originariamente concepite per divenire poi colonne sonore di alcuni film, ma per un motivo o per l'altro quasi tutte sono rimaste li, per cui gli autori vi hanno lavorato pensando di scriverle per film immaginari. Tra queste una menzione particolare va sicuramente a "Your Blue Room", una perla notturna di straordinaria bellezza, ripescata inaspettatamente, tra l'altro, in occasione dell'ultimo tour (anche se con dubbi risultati).

Ma come sarebbe andata se al posto di "Passengers" ci fosse stato scritto U2 sulla copertina? Avrebbe avuto una visibilità maggiore? Oppure gli U2 hanno avuto paura di battezzare un disco che li avrebbe portati ancora di più ad essere disconosciuti dallo stesso mercato che per anni avevano dominato? E inoltre, chi può dire in fondo dove finisce veramente il lavoro degli U2 e dove inizia quello di Brian Eno all'interno di ogni singolo disco prodotto per la band irlandese dal 1984? Fin dai tempi di "The Unforgettable Fire" sono praticamente un gruppo formato da sei persone (con Dani Lanois). L'unica cosa certa, è che qui Eno ha finalmente mano libera, e si sente. Una produzione perfetta e curata in ogni minimo particolare rende il lavoro un unico grande flusso inscindibile e intoccabile; impensabile skippare anche una minima traccia, col rischio di andare a interrompere il bellissimo mood etereo, quasi psichedelico, e a tratti anche schizofrenico, che il disco crea.

Tra questi "passeggeri" spicca anche la collaborazione del compianto Luciano Pavarotti, protagonista di un bel duetto con Bono in "Miss Sarajevo". Insomma: passeggeri, attori di un momento, di un attimo transitorio tra la partenza e l'arrivo, e poi chissà. Speriamo che un giorno o l'altro decidano di tornare da queste parti.

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