Agosto 1999. Insieme a Larry Grenadier (contrabbasso) e Bill Steward (batteria), Pat Metheny produce un album fresco ed energico. Il TRIO è collaudato da un lungo tour europeo, generosi i riscontri della critica e del pubblico. Pat ha nelle corde l'obiettivo di una ricerca ben specifica. Il trio propone infatti un ritorno al jazz puro, condito con improvvisazioni, suoni limpidi ed un paio di omaggi (John Coltrane con "Giant steps" e Wayne Short con "Capricorn"). Larry e Bill sono giovani e capaci, conferiscono energia e freschezza al suono, sanno "giocare" con Pat e imparano rapidamente a costruire un linguaggio ben definito. L'album è stato inciso in una sola settimana. Pensate che ben cinque pezzi sono stati scritti da Pat solo pochi giorni prima di entrare in sala di incisione.

"Get it" apre l'album con energia ed eclettismo. E' l'antipasto ad un album davvero memorabile, in cui il buon Pat dimostra al pubblico quanto il suo stile si sia affinato. Si percepisce un ritorno al classico, e nel contempo una purezza che non può passare inosservata. Per i palati più fini, sono percettibili accenti blues. Segue "Giant steps", omaggione a John Coltrane. Personalmente reputo questo brano incredibile e struggente. Pat sa dare colore e nerbo alla sua esecuzione, trasmettendo freschezza pur trattandosi di un vecchio pezzo. La progressione armonica permette di gustare meglio la melodia. Il ritmo più lento rende il tutto onirico ed insolito. Piacevole, ma dimenticabile, la ballad acustica "Just like the day" (dovrebbe evocare il viaggio secondo Pat) e "Soul cowboy", dove apprezzerete l'insieme e l'impronta dei musicisti nel tentativo di ripercorrere un blues scarno e semplice. "The sun in Montreal" è un vero capolavoro. Siamo in pieno jazz methenyano, una sorta di new jazz contemporaneo, morbido, sapiente e disciplinato. Che ci crediate o no, questo pezzo è maturato in 25 anni e solo nel '99 ha visto la luce. Le spazzole di Steward danno grazia e morbidezza. "Capricorn" omaggia Wayne Shorter. Il brano è nel cuore di Pat da sempre, un classicone rivisitato con rispetto e sapienza. "We had a sister" molto acustico, cristallino, con il contrabbasso in evidenza, e "What do you want" vi trasportano nell'atmosfera moderna e rigorosa della formazione, fino a portarvi all'assoluto capolavoro "A lot of living to do", una vera meraviglia di morbidezza ed eleganza. Calatevi nell'atmosfera malinconica e fluida del pezzo, vibrate alle spazzole di Steward. Chiudono i vecchi brani "Lone Jack" e "Travels".

Dopo l'introspettivo album con Jim Hall e l'impersonale "Like minds" con Burton, Trio rappresenta una inaspettata esplosione davvero gradita che ridà linfa e popolarità al buon vecchio Pat.

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