Ciao a tutti!
La mia prima recensione voglio dedicarla al grande chitarrista jazz (e non solo) Pat Metheny, e a un suo lavoro “minore” , ovvero 'A Map Of The World'. Commissionato all'artista per il lungometraggio omonimo, tratto dal libro di Jane Hamilton, uscì nel 1999.
Il disco consiste in ben 28 tracce della durata media di un minuto e mezzo, intitolate, sembra, in base al momento preciso della vicenda, che, paradossalmente…. Non conosco! Premetto infatti che il film non l'ho visto (nonostante sia anche appassionato di cinema il film proprio non lo trovo) e nemmeno letto il libro, ma si può ricostruire la trama proprio attraverso i suggerimenti delle atmosfere e dei suoni prodotti da Pat. Si parte da uno stato di tranquillità e pace, descritto minuziosamente nella maniera più acustica possibile, con arpeggi decisamente irregolari pur essendo semplici e controllati.
Pat suona come sempre su un tappeto di sintetizzatore che rende l'atmosfera rarefatta, quasi statica se non fosse per le irregolarità sonore della sua chitarra; queste sensazioni sono avvertibili in brani come “Family”, “North” e specialmente “sisters”, sicuramente uno dei pezzi migliori dell'album. Poi cambia qualcosa… un incidente… e qualcosa si spezza. Dal brano “Fall of Grace” sopraggiungono suoni cupi e malinconici: ora non sono più le corde spensierate di Pat a vibrare, ma un piano struggente che esegue poche note: il centro dell'album si contrappone alla leggerezza della prima parte (“Memory”, “Flight”, “Alone”) e rappresenta proprio il cambiamento da una situazione quasi idilliaca alla scoperta (“Discovery”) di nuove strade, ad una nuova tensione testimoniata da brani come “Sunday” che quasi sembra aggredirti con quei trenta inaspettati secondi di trip hop, nonché con l'introduzione degli archi in “Realization”. Anche per questo ho scelto 'A Map Of the World': per la sua complessità, in quanto non regna una sola sonorità o genere, ma si può parlare addirittura di progetto sinfonico. Di jazz infatti c'è n'è davvero poco: solo qualche traccia negli arpeggi di Pat… per il resto è sperimentazione, che va dalla musica da camera all'ambient, fino all'elettronica.
È una mappa del mondo da consultare. Se date un'occhiata su wikipedia alla pagina di Pat, vedrete l'album inserito nella categoria “progetti sinfonici” insieme al mitico 'Secret Story'. Tra accelerazioni e decelerazioni, improvvisazioni acustiche e accompagnamenti orchestrali si arriva alla seconda parte in cui Pat torna protagonista e ci regala altre grandi prove del suo strumento. Degne di nota “Resolution” e alla fine “Homecoming” che segna un ritorno alle origini dopo l'avventura, sia emozionale che tecnica. Per il resto, gli altri brani si assomigliano abbastanza; d'altronde non dobbiamo dimenticare che si tratta di una colonna sonora, quindi di uno "scheletro" musicale che deve essere appena percettibile nella visione del lungometraggio. Pur amando questo disco non posso certo consigliarlo a chi vuole avvicinarsi a Pat; infatti ho dato solo 4 stelline per l'album, che pur essendo, ripeto, molto bello, non è da inserire tra i capolavori assoluti di Metheny.
Per questo ci sono la già citata 'Secret Story' (di cui c'è una splendida recensione su questo sito) e 'Song X' in cui il nostro da prova delle sue doti jazzistiche insieme a Ornette Coleman.
Grazie per aver letto la recensione e… sono gradite critiche costruttive!
Carico i commenti... con calma