Patricia Barber ha respirato jazz fin da piccola, dato che il padre, Floyd "Shim" Barber, suonava il sax nell'orchestra di Glenn Miller. Ma a differenza di molti scellerati figli d'arte, è riuscita a ritagliarsi uno spazio importante fra gli interpreti jazz.
Negli ultimi anni, infatti, ha inciso una serie di album molto interessanti. Si vedano, per esempio, le sue particolari interpretazioni di alcuni standards nel cd Nightclub del 2000.

"Verse" rappresenta, invece, una svolta per la cantante - pianista, in quanto presenta, per la prima volta, dieci brani originali, scritti dalla stessa Barber (con la sola eccezione di "Dansons la gigue" il cui testo è tratto di una poesia di Paul Verlaine), i quali evidenziano il raggiungimento della sua completa maturità artistica.

Non è un disco facilissimo, ma una volta superato il primo impatto, si corre seriamente il rischio di innamorarsene.
La sua struttura stilistica non è uniforme. Si passa da ambientazioni eteree, notturne (The moon), a suoni quasi pop (Lost In This Love), fino a giungere a note intrise di mistero (Clues), malinconia e riflessione (If I Were Blue).
La voce della Barber ipnotica, pulita, penetrante si adatta perfettamente al contesto.

Ottimi i musicisti che la accompagnano, in particolare Neal Alger alla chitarra e Dave Douglas alla tromba, che riescono a lasciare un'impronta indelebile con i loro assolo e durante i dialoghi con la voce della Barber.

Forse Verse è un album piú adatto ai mutamenti climatici autunnali, che non a queste assolate giornate ormai estive. Ciò non toglie che si tratta di un bel disco, grazie soprattutto alla raffinatezza e alla poesia dell'interprete.

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