Lo sapete già amici, a me piacciono i lupi mannari: in quest'intricata foresta della vita sono sempre alla ricerca di qualcuno che mi ululi una bella serenata. Ed è per un puro caso, inciampando in una radice, che mi sono imbattuta in questo giovane e selvatico Patrick Wolf, un giovane lupo che stava nascosto dietro una siepe.

È tutto scritto nel suo nome, e nel titolo del disco di debutto, Lycanthropy. Guardate la copertina… un Peter Pan con in mano un cerchio da hula hop, in una piazza buia dove c'è un mercatino dimesso. Da dove è spuntato fuori? Così si presenta Patrick, allampanato squatter irlandese trapiantato a Londra e a malapena ventenne. Io mi sono presa una cotta per questo "lupacchiotto", non mi vergogno ad ammetterlo. Colpo di fulmine! Ma come faccio? Ah, se avessi ancora vent'anni!

La sua musica. Mica è solo l'immagine che m'affascina, è proprio il disco che fa la sua sporca figura. Primo ascolto: incipit con lupi che rumoreggiano. Poi, nel resto dell'album, sento sublimi viole e violini, un ukulele, una fisarmonica, un pianoforte, e sferzate improvvise, scarne, velenose di una drum machine spesso serratissima. Niente chitarre elettriche, o bassi, o batteria. I brani oscillano tra brit-folk ed elettronica essenziale, tra composizioni antiche in stile vittoriano, con cori femminili e melodie epiche, frammiste a strazianti e frenetiche strutture ritmiche dark-wave. La voce è marcatamente brit, equilibrista tra un Robert Smith (un fresco omaggio nel brano Peter Pan), un Jeff Buckley (sentire la superba e profonda Demolition) ed un Morrissey (indubbiamente smithiano il brano più "classico", London). Una voce intima, confidente anche se spesso verbosa e sfacciata, vivace ed enfatica. Che tipino! Un ambizioso sciamano delle note, il Patrick bello, che sa fondere tradizione ed avanguardia senza scomporsi, mantenendo una coerenza di fondo che tra le tracce del suo Lycanthropy spesso non manca di stupire.

Leggo i testi. Con il primo pezzo, Wolf Song ("The moon, let it guide you / when Selene comes, we'll all know how to fight / dear Fenrir, my saviour / come and eat the ones…") entriamo proprio nel vivo della questione "licantropia". Il secondo brano, Bloodbeat, segue le stesse coordinate: "…My blood beats black tonight / no need for comfort / no need for light / I am hunting for secrets tonight / Eat the sorrow lick the spark / uh oh my blood beats dark…". Seducente giovane uomo!

Curiosa passo subito al pezzo che preferisco, il settimo, The Childcatcher. Drum'n'bass lanciatissima, violini impazziti, voce tirata tra urla stridule e guaiti sofferti, e: "I was still a child when you caught me and tied me to your bed / you gave me shoes and pretty clothes / and I gave you what I had between my legs / Just a rite of passage, you held me down and said / I'm gonna be your right of passage, so boy, you better spread, spread 'em…". Oh oh! Ma qui si parla di pedofilia! Il brano si apre in un ritornello tremendo: "…run run run as fast as you can but you cant run run from the childcatcher's hands…". Sic! Se non avessi letto il testo, questo pezzo lo ballerei.

Indubbiamente agghiaccianti le storie che s'aggirano tra queste note impazzite e questi cori antichi come la corona della Queen Elizabeth. Questo ragazzo ha una zona d'ombra interminabile, crepuscolare, dove gli incubi si danno appuntamento. Tanto la musica sembra colorata e garrula, tanto i testi sono di un nero profondo e denso. Miscela esplosiva.

Patrick spiega, in un'intervista, che il suo disco è un concept sul passaggio rituale dall'adolescenza alla vita adulta, simboleggiato qui dalla licantropia, dove è messo a punto un cerimoniale magico e catartico, attraverso un cerchio di fuoco, oltre, per rinascere a nuova vita.

"I want two dogs two cats a big kitchen and a welcome mat / I want all this and all shall have / I dont give up / A boy like me dont ever / give up his dream…" (A Boy Like Me) 

A me questo ragazzo piace assai, ed ora ho tanta, ma tanta voglia di tenerlo stretto per non farmelo scappare via

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