Che cosa dire di uno degli album più sottovalutati della storia?
O almeno, tale è stata la mia impressione.
Per me è stato semplice lasciarmi incollare alla sedia solo con l'intro "Kriespiel", che all'udito sembra una sirena futuristica.
E' bastato l'intro di questo album ad impressionarmi, cosa che solo Patrick Wolf, giovane ma valente musicista, sarebbe in grado di fare.
"Hardtimes" la seconda track è semplicemente innovativa e fantastica, con un mix di suoni lontani quanto armoniosi tra loro.
La voce di Patrick è di sicuro migliorata e più allenata in questo ultimo album, il che rende l'ascolto piacevole sia dal punto di vista musicale che vocale.
L'uso del coro, sebbene possa apparire noioso, è stata una scelta molto azzeccata dal musicista, per rendere più orecchiabile l'uso di diversi strumenti insieme.
"Oblivion" tiene con il fiato sospeso, con il suo violino struggente ed il beat martellante addolcito dalla chitarra elettrica in sottofondo (si potrebbe pensare ad una coppia migliore di strumenti?!).
Anche il testo mi ha colpito particolarmente, come nei punti: "I followed the hunt, far as I could...through desert weathers, petrified wood and I took one shot in the dark, back fired the bullet, silver to heart." Strofe molto poetiche ed evocative, che riescono a spezzare la durezza del suono. Da questa canzone si inizia a sentire l'accompagnamento di una voce femminile: Tilda Swinton, che può apparire quasi fastidiosa in certi punti, mentre in altri è perfettamente integrata con il resto della musica.
"The bachelor" parte con delle melodie vagamente celtiche (come in altri punti dell'album) con un ritmo che mano a mano si fa sempre più incalzante e corale, insieme alla partecipazione di Eliza Carthy, tanto da rassomigliare ad una ballata medievale.
"Damaris" contiene sempre questo tipo di ravvisaglie, probabilmente molto amate dall'artista, infine assume un carattere più elettronico ma minimal, appena accennato, che lascia bene spazio al violino che accompagna tutta la track. Anche quest'ultima è sicuramente struggente e molto suggestiva: "Gypsy, stray, bleak orphan, no one could say the land you came from but deep in my arms you belonged, but nobody knows, nobody knows, how I wait for you.. summer, spring, autumn, winter, here perishing." Dedicata evidentemente ad un amore abbandonato. Da ciò Patrick si mostra anche come un ottimo scrittore, oltre che compositore.
In "Thickets" il violino è sempre predominante, e la canzone procede leggera, come una nenia antica, od una filastrocca, sfiorando quasi il banale ma senza raggiungerlo veramente.
Con "Count of casuality" si ritorna a sonorità elettroniche mixate molto diligentemente con un coro che dirige grand parte della melodia.
"Who Will" forse è una delle canzoni più noiose, avvicinandosi al gospel (o forse al gospel cosiddetto scadente).
"Vulture" ad un primo ascolto può apparire mediocre, se non addirittura inascoltabile, ma concentrandosi sul beat (maestramente gestito da Patrick) non è difficile farsi incantare da questa track. La scelta di questo sound, con la distorsione della voce la fa risultare come sensuale ed eclettica.
Sentendo "Blackdown" riaffiorano musicalità più pacate e classiche, attraverso cui il violinista tende a sottolineare la poetica delle parole, prediligendo però il pianoforte sugli altri strumenti.
Patrick si dimostra infatti come un musicista a tutto tondo, e non un semplice violinista con ambizioni verso l'elettronica.
"The sun is often out" è un gospel completamente originale, che prima parte come un monologo dell'artista, fino ad elevarsi ad un crescendo di coro e musica. Anche in questo caso Patrick non manca di sfoggiare abilità nella scrittura con: " I throw my flowers in the river, tears are being shed, you are missed. And the poem reads and I remember the day you told me that: the sun, the sun, the sun the sun is often out." Ascoltandola ad occhi chiusi è davvero impossibile non avvertire brividi.
"Theseus" possiede un ritmo incalzante ed innovativo, in cui Patrick Wolf regna sovrano indiscusso, muovendosi tra la chitarra, violino, e tamburi, come se stesse raccontando una storia.
Ponendo particolare attenzione alla musica si può anche udire un sitar in sottofondo (se non erro).
"Battle" ricorda sicuramente i primi album di Patrick, e di sicuro stona un poco con il resto dell'album, rimandando anche alla british indie, tuttavia è una track ben riuscita.
"The Messanger" racchiude un pò tutti gli elementi dell'album, con una musicalità molto limpida sebbene ricca di effetti, ed un testo poetico ed accentuato dalla voce cristallina dell'artista: "Make life as traveller, work as messenger, let my pain and my pleasure, all one be". La chiusa di quest'album sembra una coffessione, o magari una preghiera, attraverso cui il violinista inglese sembra aprire il suo genio, e le suo emozioni agli ascoltatori.
Tracklist:
- "Kriegspiel" - 0:47
- "Hard Times" - 3:33
- "Oblivion (Ft. Tilda Swinton as "The Voice of Hope")" - 3:24
- "The Bachelor (Ft. Eliza Carthy)" - 3:13
- "Damaris" - 5:28
- "Thickets (Ft. Tilda Swinton as "The Voice of Hope")" - 4:08
- "Count of Casualty" - 5:03
- "Who Will?" - 3:31
- "Vulture" - 3:22
- "Blackdown" - 5:21
- "The Sun Is Often Out" - 3:33
- "Theseus (Ft. Tilda Swinton as "The Voice of Hope")" - 4:40
- "Battle" - 3:07
- "The Messenger" - 3:39
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