Paul Chambers non ebbe mai una carriera solista stabile. Ignoro il motivo, ma avendo ascoltato due dei suoi dischi (questo "Bass On Top" e "Quintet") posso affermare che è un vero peccato. Magari il buon vecchio Paul non aveva le spiccate doti da leader che molti dei musicisti con i quali suonò avevano. Forse non era un catalizzatore, chissà. Di sicuro, di qualsiasi formazione egli facesse parte, qualsiasi tipo di jazz suonasse, la base era sempre lui. Il punto di partenza, le fondamenta sulle quali costruire grande musica. Se in un disco c'è Paul Chambers, almeno qualcosina da salvare, fosse anche poco, c'è.

Nei suoi album solisti, all'aspetto ritmico e d'accompagnamento di cui sopra il nostro affianca grandi spazi d'improvvisazione solistica. Certo, Chambers l'ha sempre fatto durante tutta la sua carriera, ma mai in maniera sistematica come nei dischi a suo nome. In "Bass On Top" (considerato da molti il suo migliore) Paul è il solista principale e dimostra, se non si era già capito, di avere una grande vena lirica, una vena dove fluisce, rapida come un torrente, la genialità della sua inventiva. Non sto parlando del suo lavoro come compositore (che fu di valore ma incostante), ma di quello come strumentista.

Dalla prima, melanconica traccia "Yesterdays" (con la chitarra che accompagna la melodia che fuoriesce da un ispiratissimo contrabbasso con l'archetto) fino alla conclusiva "Confessin'", coi suoi momenti solisti di piano e contrabbasso adornati da semplici quanto brevi passaggi di batteria, in "Bass On Top" Chambers coglie subito nel segno, acchiappa al volo quel qualcosa, il guizzo del genio, l'attimo fuggente direbbe qualcuno. Lo piglia e non lo molla più. E' aiutato dagli stessi brani scelti, già da per loro bellissimi. Come per esempio "You'd Be So Nice To Come Home To", dove l'aspetto lirico si mischia a un classico swing fornendo a Paul la possibilità per due assoli semplicemente memorabili (talmente grandi da oscurare i pur ottimi momenti solisti della chitarra e del piano), oppure "Dear Old Stockholm" (con la quale Mr. P.C. si era già cimentato nel capolavoro "'Round About Midnight" di Miles Davis). E' aiutato anche dai sidemen, musicisti (fra i quali, unico caso nella discografia solista di Chambers, non appaiono suonatori di alcun tipo di fiato) tra i più importanti del jazz mondiale: Kenny Burrell, Hank Jones e Art Taylor.

Come non amare il tocco di Burrell? Come non amare le sue idee melodiche, la sua particolarità? Come non amare le sue interpretazioni di "You'd Be So Nice To Come Home To" o della parkeriana "Chasin' The Bird", suonata con un piglio bebop che però è rilassato, è già oltre il bebop, è già altro? Come non apprezzare la semplicità di un batterista come Taylor, preciso ed essenziale? Come non apprezzare i suoi rari spazi solistici ("Chasin' The Bird" e la bonus track "Chamber Mates")?  E per finire Hank Jones, un gran pianista e un gran signore. Accompagnatore elegante, solista non fra i più innovativi, ma comunque sempre cosciente di quel che suona e di quel che vuol far sentire. Paul Chambers sapeva ben scegliersi i suoi compagni di avventura! E a proposito di compagni di avventura, nel disco viene anche data una bella reinterpretazione di "The Theme", per alcuni anni cavallo di battaglia delle esibizioni di Miles Davis.

Ma quello che colpisce più di tutti in questo album, come forse avrete già intuito, è l'aspetto lirico. Così come "Quintet" sta al feeling, "Bass On Top" sta alla melodia. Ovvio, stiamo sempre parlando di gente che lo swing ce l'ha al posto dei globuli rossi, ma è la melodia la principessa del disco. Ciò è evidente soprattutto in "Dear Old Stockholm", il brano meglio riuscito del lotto, per un insieme di fattori. Di sicuro il tema gioca un ruolo decisivo, dato che è talmente meraviglioso che potrebbe essere suonato in loop senza mai annoiare. A questo va aggiunta l'interpretazione di Paul, un assolo bellissimo il suo, con variazioni che lasciano intendere la melodia, ma quasi sempre la nascondono, la chiudono in una morsa da cui solo di rado esce. E lo stesso fa Burrell, vedete? Non è un caso! E' perchè è una melodia talmente pazzesca che non si può far a meno di suonarla!  Che ci volete fare, è un brano che mi devasta ogni volta che lo ascolto. E così è Paul Chambers, non potrebbe essere altrimenti. Ci si rimane sempre un po' male ad ascoltarlo, si rimane sempre basiti, anche dopo mille volte. C'è qualcosa nel suo modo di suonare, di concepire la musica, che è suo soltanto. "Bass On Top" non è forse un capolavoro assoluto (come lo sono, per dire i primi due nomi che mi vengono in mente, "Giant Steps" e "Kind Of Blue"), ma è sicuramente quanto di più vicino a un capolavoro si possa immaginare.

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