E' un'ingiustizia o meno quella che ha portato Laura Brennan in prigione? E' stata davvero lei a commettere quell'omicidio? Suo marito John (Russell Crowe) è convinto della sua innocenza e cercherà di aiutarla, fino all'ultimo secondo...

Trama senza particolari sussulti per l'ultima fatica cinematografica di Paul Haggis, quì al suo quarto lungometraggio. Cineasta di esperienza, il canadese Haggis aveva già diretto film importanti come "Crash - Contatto fisico" (che gli ha portato 3 Premi Oscar), e il dramma politico "Nella valle di Elah". Due opere interessanti, cui segue "The next three days", approdato in Italia nella primavera dello scorso 2011. Un film bollato fin dall'inizio come un action movie senza spunti, che almeno secondo gran parte della critica, aveva nella figura di Russell Crowe la sua attrattiva maggiore. La realtà è un po' diversa.

Tralasciamo su una vicenda di basa probabilmente già vista (anche se possiede diversi risvolti non trascurabili), il film di Haggis non si fossilizza solamente sull'aspetto prettamente spettacolare, ma anzi indugia parecchio sulla caratterizzazione psicologica dei protagonisti: in particolare sul risoluto John, con la sua idea estrema di tentare un'impossibile evasione per liberare sua moglie. John diventa feroce, determinato a compiere un atto che nel bene o nel male gli cambierà la vita: ma questa sua nuova forza si contrappone al suo carattere non aggressivo, quello di un normalissimo padre di famiglia. Un'indole che spesso lo induce ad aiutare il prossimo, a pensare mille volte ad ogni singola azione. Questa sua indecisione, o sarebbe meglio dire paura, emergerà chiaramente durante lo sviluppo narrativo del film.

Forse è proprio in questa carica "drammatica" e comunque non proprio da "action movie", che molti hanno individuato il punto debole della pellicola. In realtà "The next three days" è un thriller dalle molteplici venature, girato in maniera impeccabile, forse soltanto troppo "freddo" in alcune sequenze. Ma d'altronde lo stesso Haggis ha sempre detto di essere innanzitutto uno sceneggiatore e poi un cineasta. Infatti, anche in questo caso la sceneggiatura funziona meglio della regia. Elemento semplice e allo stesso tempo geniale del plot, è la volontà di tenere celata fino alla fine la reale colpevolezza di Lara (interpretata da Elizabeth Banks). Un espediente che funziona benissimo e che rende la visione del film avvincente fino alla fine, sebbene una lunghezza forse eccessiva. Peccato che questa bella trovata viene in gran parte "rovinata" da un finale che vuole rivelarci a tutti i costi come siano effettivamente andate le cose, togliendo fantasia e incertezza allo spettatore. Ma in fin dei conti non è una conclusione semplicistica, non c'è così tanto buonismo nelle ultime inquadrature. Si sono soltanto invertiti i ruoli, in un gioco di emozioni, sentimenti, sensi di colpa...

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