Signore e signori, parliamo di Sir. Paul James McCartney, anziano signore britannico di origini scozzesi che molti di voi avranno già sentito nominare.
Chi, e sono decine di milioni, trae da sempre linfa vitale dalle sue performance musicali, starà festeggiando per l'uscita di un nuovo album con il suo bel nome stampigliato in copertina. Altri, considerandolo uno qualunque, sopravvalutato o scaduto, saranno già pronti a riversare fiumi di improperi sul nuovo progetto.
Chi invece, come il sottoscritto, adora un bel po' quel signore che da 50 anni fa parlare di sè, ma non manca di criticarlo quando serve, non resiste alla tentazione di scrivere sul debasero 4 righe scontate su "Kisses on the Bottom", uscito solo pochi giorni fa. Ed eccoci qua.
Celebro la meravigliosa inutilità e leggerezza del disco, innanzitutto, e applaudo l'atteggiamento di colui che, nonostante faccia questo mestieraccio da quasi un secolo, dimostra ancora di divertirsi a cantare, incidere, pescare vecchie canzoni dal dimenticatoio e mettersi in gioco.
Easy money? Oppure passione vera? spregiudicatezza? Grande cultura musicale e voglia di usare il proprio nome per renderla fruibile alle masse?
Non lo so. Verosimilmente alla base di questa raccolta c'è un po' di tutto ciò, condito dalla disinvoltura con cui da sempre un mostro sacro delle 7 note non si limita all'autocelebrazione, ma salta dal POP alla classica, dall'underground al Vintage, estrinsecando una poliedricità che ha nel DNA fin da quando vestiva da scarafaggio.
Quello che so per certo è che bastano 5 minuti di ascolto per rendersi conto che il disco è suonato da Dio e trasuda classe da tutti i pori. Musicisti straordinari, orchestrati da LiPuma (Miles Davis nei suoi precedenti), e guidati dalla voce ormai stagionata del vecchio Paul, riesumano brani sconosciuti ai più e che appartengono al nebbioso alveo dei classici di nicchia della musica popolare americana. Il sound è azzeccatissimo: strumenti d'epoca pizzicati con misura e perizia, rullanti che soffiano, fiati e archi che supportano senza disturbare e un piano quasi sempre presente, come è ovvio che sia. Manca solo il gracchiare dei solchi del vinile, ma l'atmosfera è assolutamente quella, e quel rumore pare davvero di sentirlo in sottofondo.
Stranamente McCartney suona poco o nulla, e si presta solo come lead vocal, sorprendendo per la perizia con cui dosa toni caldi e corposi che in alcune recenti incisioni sembravano armai persi. In alcuni passaggi sembra leggermente calante, ma è certamente scelta voluta, in linea col sound.
In passato ho criticato molto le scelte di produzione del Macca, ma in questo caso il dieci e lode è d'obbligo. D'altronde i brani sono registrati in parte alla Capital Recods di L.A. (ma guarda un po'), in parte a NY e mixati nella mecca di Abbey Road. What else?
Insomma questo cd, che non cambia di certo la storia della musica, a mio giudizio è davvero piacevolissimo all'ascolto e risolleva un pochino alcune scelte di indirizzo artistico dell'ultimo decennio che io non ho assolutamente condiviso, riportando i fan alla freschezza e brillantezza di progetti come "Run Devil Run". Contribuiscono anche due signori per lo più sconosciuti di nome Eric e Stevie.
Io ho comprato la versione delux, che comprende un paio di pezzi in più tra cui un'autocover della piacevolissima swing ballad "Baby's Request". Qualcosina di un po' troppo mieloso c'è, in effetti, e alla lunga avrei gradito qualche brano un po' più veloce. Eppure il CD gira in casa da giorni e non stanca mani.
Segnalo, tra i brani più riusciti "It's only a paper moon" e "Ac-Cent-Tchu-Ate The Positive", e mi tolgo il cappello di fronte a "My Valentine", uno dei due inediti, scritta l'altro ieri ma meravigliosamente in tema, come sound, ispirazione, e classe.
E bravo Paul, ti sei guadagnato il mio (ennesimo) applauso.
Rock on!
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