Ieri a Verona, nella spettacolare cornice dell'Arena, ha preso forma per l'ennesima volta quel miracolo musicale legato a un simpatico signore molto british da molti conosciuto con il nome di James Paul McCartney, da alcuni ritenuto Will Campbell, che un tempo si faceva chiamare Ramon.

Erano anni che Paul e l'anfiteatro romano si corteggiavano, facendo poi finta di niente quando l'uno o l'altra si tirava indietro, per motivi sconosciuti... ma alla fine è successo, io c'ero, e posso testimoniarlo. Siamo qui per quello no?

Concerto iniziato inusualmente con mezz'ora di ritardo, ed è anche un po' colpa mia. Ero tra il manipolo di irriducibili che l'hanno aspettato all'aeroporto, ove the king è atterrato con notevole ritardo su aereo privato, per poi decidere di NON fermarsi a stringerci la mano. Però ci ha affiancato, ha tirato giù il finestrino e scambiato quattro chiacchiere, sorridente e gentile. Grazie comunque, Paul, non lo dimenticherò mai.

Unica data Italiana, biglietti cari rabbiosi venduti in un nanosecondo, pubblico in visibilio. Nelle prime file si notano Laura EASTMAN (sorella dell'indimenticata Linda) e, tra gli altri, Cremonini, Mengoni, Red dei Pù, Phil Mer, Walter Savelli, il batterista degli Apple Pies, il bassista di Elisa, i 4Fabs, Zanetti (!!!), e una serie quasi infinita di gente più o meno nota che, evidentemente, ha il beat nel sangue.

Alla partenza la walking legend si fa annuncare da un vocione (orrido andante) che intona celebre frase del suo repertorio sixties, mentre lui appare con elegante giacca lunga e fedelissimo basso hofner a tracolla. Ho visto inizi di spetacoli più coinvolgenti, onestamente, ma negli altri non c'era Paul. Quando appare lui ti accorgi che i sogni a volte possono diventare realtà, che le leggende esistono, e che un'anonima sera di giugno può diventare una data che molti ricorderanno finchè campano.

Ebbene sì, sotto le rughe ormai impietose e un aspetto un po' (ma poco) emaciato, è proprio lui, quel tizio che con tre amici ha sconvolto il mondo qualche anno fa, donandoci il POP. Gli occhi e il sorriso, quello sguardo compiaciuto... a me è sembrato di avere davanti una persona che conosco da sempre, uno di famiglia. E il fatto che tutti quelli attorno a me provassero, con gli occhi lucidi, le stesse emozioni è stato folgorante.

Si parte con "8 days a week", prima novità della serata. Poco azzeccato come incipit, a mio personalissimo giudizio, ma il boato della folla dice che evidentemente capisco poco di showbiz... poi si va avanti per quasi TRE ore, durante le quali il vecchietto non beve un goccio d'acqua, non perde un colpo, salta e zompetta con mestiere, prende il pubblico per i capelli e lo centrifuga. Ho notato un paio di cali di voce, ma io ho la metà dei suoi anni e ne faccio di più, cantando le stesse canzoni. Si sa che MACCA è un perfezionista, e prova in studio anche le frasi da dire al pubblico, in parte in italiano. Lo spettacolo, quindi, alla fine, è più o meno sempre quello degli ultimi 20 anni, con le stesse scenette e battute, la stessa ironia ricorrente ma accattivante, e la disarmante sicurezza di chi calca palcoscenici da 55 anni o giù di lì.

Il repertorio è stato equamente suddiviso tra i pezzi di un gruppo di cui non ricordo il nome di tizi vestiti da scarafaggi, pezzi dei mai dimenticati Wings e altri della lunga e prolifica produzione da solista. Paul passa da uno strumento all'altro con una disinvoltura che fa quasi rabbia. Segnalo le novità a me più gradite, tra cui, in ordine sparso, You Mother Should Know, Lovely Rita, All together Now. Sconvolgente ed emozionante sentire Paul cantare e suonare Being For The Benefit Of Mr. Kite, notoriamente partorita da John. Graditissimi i ritorni di High High High, Listen to What The Man said, I've Just Seen a Face.

Poi i classicissimi... con Obladì Obladà ho seriamente temuto che venisse giù il rudere. Da lì in poi brani come Lady Madonna, Let it be (eseguta meravigliosamente), Get Back, Ticket To ride, Band On The Run, hanno semplicemente drogato il pubblico. Un po' di cocaina probabilmente sarebbe costata meno, ma non avrebbe mai dato quell'effetto. Ho visto gente piangere, gridare come ossessi, sono stato abbracciato da sconosciuti... Paul ha trasformato l'Arena in una bolgia dantesca, alternando melodie sopraffine (da oscal My Valentine), a POP puro (The long & Winding Road da antologia), a rock di gran classe e potenza con Live & Let Die, Helter Skelter ecc.

Non posso esimermi da mandare calorosamente a defecare i 4 imbecilli che, con la bava alla bocca, battagliavano perchè la gente stesse seduta e non si alzasse a saltellare al ritmo imposto dal Re. Penso si siano accorti da soli di aver sbagliato location, e quando ha prevalso la voglia del pubblico di cercare di toccare con le mani l'olimpo da cui proviene Macca, alcuni se ne sono semplicemente andati (a far tintinnare i gioielli altrove...).

Aggiungo che a quel livello stratosferico, a mio giudizio, due fiati e due archi a dare supporto all'instancabile tastiera di WIX io ce li metterei. La Band, d'altro canto, è da guinnes, con Abe, alla batteria, che è uno spettacolo nello spettacolo. 

Qui chiudo, tanto chi c'era sa, e chi non c'era non può capire davvero, con le mie parole da innamorato, cosa abbiamo provato ieri.

50 anni fa Paul McCartney deve aver venduto l'anima al diavolo in cambio dell'accesso incondizionato all'etereo contenitore delle melodie immortali. Ha fatto bene, perchè, a costo di sembrare eccessivo, posso sottoscrivere che con l'energia e il tocco che solo il diavolo può avergli donato, Sir Paul ieri sera è riuscito a fare toccare a me e tutti quelli che stavano attorno a me (per altro moltissimi poco più che teenagers), almeno per un pò, il paradiso.

Thanks Paul... keep on rocking!

Give a look to: www.the4fabs.com; www.shasmahal.wordpress.com

 

Carico i commenti...  con calma