Paul Roland è uno di quegli autori che ho scoperto in gioventù (…per quanto sia ancora giovane), magari imbeccato da una rara recensione di qualche rivista musicale (Mucchio? Rockerilla?… e chi si ricorda saranno passati 15 anni…, no dicevo saranno passati 20 anni,… no anzi stavo appunto pensando che saranno 25-30 anni ormai…) e che poi ho esplorato in solitudine. Pertanto mi sembra di esserne lo scopritore. Non so se capita anche a voi quando siete l’unico nel gruppo di amici a conoscere un certo autore, e questo non è nemmeno molto presente sulla stampa (ricordatevi che siamo negli Eighties dove Internet era un termine noto come ora lo è “musicassetta” per un teenager…), lo senti un po’ come tuo; così ogni critica a lui rivolta è quasi un attacco alla tua credibilità di musicologo ed ogni elogio solletica la tua autostima di Talent Scout. Per questo motivo da ora in poi penso che mi ergerò a ruolo di scopritore di Paul Roland.

Paul Roland dicevamo, un personaggio fuori dal tempo che è nello stesso momento moderno e obsoleto, steampunk e fantascientifico, giornalista e scrittore, cantautore ed indagatore del paranormale.

Ma veniamo a noi.

Il suo disco di esordio, "The Werewolf of London", è l’ultimo che ho comprato, sebbene molte delle sue tracce mi erano già note da varie raccolte o live (tra cui un bootleg ufficiale, "Live in Italy". Non ho controllato se tra i due album ci siano davvero pezzi in comune, ma sono sicuro che qualcuno lo farà).

Non è il suo capolavoro "WoL", ma è comunque un buon esordio, con una manciata di ottime tracce, qualche pezzo sopra la media e qualche riempitivo.

L’album viene rilasciato nel marzo del 1980 quando il nostro era ancora un diciannovenne di belle speranze che si autofinanziava 1000 copie di questo lavoro.

Non sa ancora che strada prendere e lo stile dei pezzi varia, passando attraverso il Folk, la New Wave e la Psichedelia (non molta per la verità). Anni dopo comunque Paul Roland grazie a quest’album sarà citato tra i precursori del Gothic Rock (legasi Dark nell’italica penisola… e a tal proposito chi mi sa spiegare perché abbiamo tradotto un termine inglese con un altro in inglese?) assieme ai Bauhaus, grazie all’eco che questo LP ebbene BatCave Club a Londra.

11 pezzi di breve durata in tutto dove si alternano tracce acustiche e pezzi rock con tastiere in risalto; la ritmica è semplice e le melodie molto godibili.

Il primo pezzo è "Blades of Battenburg", un rock canonico, un ritornello accattivante,una ritmica minimale, un accompagnamento di chitarra molto eighties e delle tastiere che gli regalano un’atmosfera d’altri tempi.

Segue "Brain Police"; che dire, qui siamo davvero nella new wave più elettronica di 3 decenni fa; sembra uno di quei pezzi dimenticati che ogni tanto si possono ascoltare su Blob e di cui poi ci si dimentica di nuovo.

"The Ghoul", la terza traccia, potrebbe essere un outtake di "Duel", nulla di particolare a mio giudizio; è Paul Roland senza dubbio, ma non c’è la scintilla dell’ispirazione che invece anima il brano seguente: "Flying Ace". Qui le atmosfere virano sul folk più tradizionale: chitarra acustica in accompagnamento e violini che ricamano la melodia molto piacevole di tutto il pezzo. A volte ti entra in mente e lo devi ascoltare più volte di fila per tranquillizzare le tue sinapsi.

"The Puppet Master" entra in un’atmosfera più misteriosa; chitarra elettrica ed organo che a volte sconfina nella fusion ed un cantato stile Roland 101%; il pezzo diventa più canonico nel ritornello, ma subito dopo si torna nel mistero; molto bello questo alternarsi lungo tutto il brano che fa di questo una delle vette dell’album.

"The Cars that Ate New York" non è di certo il capolavoro dell’album; siamo di nuovo in area New Wave, le tastiere la fanno da padrone e si punta sulla melodia molto pop. E’ uscito come B side della Title Track

Ci troviamo più o meno alla fine del primo lato del disco, ma io ho il CD, pertanto non mi alzerò a girarlo ed a togliervi la polvere.

Si parte con "Public Enemy"; anche qui un pop-rock canonico che suona molto come uno di quei pezzi che servono a far raggiungere ad un album il minutaggio desiderato.

Ed eccoci a “quasi” la Title Track: "Werewolves of London"; quasi perchè il titolo del pezzo è al plurale mentre il titolo dell’album è al singolare. Un pezzo piuttosto rock, che denuncia il periodo in cui è stato scritto grazie al modo di suonare delle tastiere e del basso; un sax alla fine cerca di conferirgli un vago feeling jazz. E’ un pezzo che chiaramente doveva essere per il “grande” pubblico, con la parola grande da leggersi proporzionalmente alle tirature in questione (…speranze di qualche migliaio?).

Con "Dr Strange" la qualità si risolleva. Le sonorità sono sempre anni ’'80, ma le atmosfere molto '800; tastiere ossessive e cantato molto tirato.

Segue "Lon Chaney" e ci si immerge di nuovo nel folk; intreccio di chitarra, violini e basso molto raffinato ed in sottofondo Paul che racconta una storia, quella appunto di Lon Chaney, un attore Horror americano di inizio secolo scorso.

Storie maledette che proseguono con il folk di Mad Elaine; ed è nel folk appunto che Roland si trova più a suo agio, regalandoci un’altra traccia d’atmosfera.

L’album si chiude con "Sword and Sorcery"; un rock che non aggiunge e non toglie molto all’album; si legga quanto scritto per "Public Enemy".

Ebbene si; siamo alla fine. Che dire? Un buon esordio con qualche pezzo standard e qualche piccola perla che valgono da sole l’acquisto: "Flying Ace", "Puppet Masters" e "Lon Chaney" su tutte e "Mad Elaine" a seguire.

Alla prossima!

madcap

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