“Twisting on an empty spiral
Ending in the twilight of your years
Eyes that sparkle like a thousand jewels
They close on fools that had no tears
But they could not take your smile
And they would not close your eyes
Sweet Anastasia Romanoff there's nothing more to fear”
Non è assolutamente mia intenzione tediarVi con l’ennesima disamina su quale fosse il milieu musicale di quegli anni (metà-fine anni ’70), quindi mi limiterò a dire che, mentre intorno a lui soffiavano impetuosi i venti del cambiamento, questo meraviglioso romantico, nonché “reazionario”, nonché visionario, raggiungeva l’apice della sua strana carriera con un’opera di altissimo artigianato, fuori dal tempo e dalle mode. Paul Ryan: cantante, autore, produttore, antipersonaggio. 1976, i tempi del successo in coppia con il gemello Barry sono ormai lontani e, si sa, il pubblico dimentica in fretta chi per un motivo o per l’altro non è mai stato una star. E così il suo album, “Scorpio Rising”, raffinatissimo, arrangiamenti ed atmosfere sontuose, songwriting di livello assoluto, viene criminosamente ignorato.
In “Scorpio Rising” c’è la piena realizzazione di colui che, tra le altre cose, è stato anche il compositore di “Eloise”, che cito proprio perché il modello originale è proprio quello: orchestrazioni e una cura maniacale per quello che è il lato più scenico, più teatrale delle composizioni. “The Day That Anastasia Romanoff Died” probabilmente non è la canzone più sofisticata, più ambiziosa di quel capolavoro misconosciuto ma, per quanto mi riguarda, è senza dubbio la più vibrante, quella che colpisce fin da subito, una canzone le cui immagini prendono immediatamente vita nella mente dell’ascoltatore.
Una meravigliosa, potente e malinconica chanson rivestita in abiti barocchi, di una sensibilità e valore estetico difficile, il più delle volte impossibile da riscontrare in artisti e produzioni più recenti. Cantato leggero, tremulo, estremamente evocativo ed intriso di un retrogusto amaro e decadente, melodia mesmerizzante, di una potenza fatalista, che si snoda armonicamente tra piani e forti orchestrali, intermezzo da brividi con quel coro dolente a cui subentra un meraviglioso assolo di chitarra, molto breve, estremamente intenso, preludio al gran finale.
Mi piace pensare che “The Day That Anastasia Romanoff Died” sia una metafora profondamente poetica per parlare del dolore per la perdita di qualcosa di bello, e quel “But they could not take your smile and they would not close your eyes” risuona imperituro nella mia mente, come un motto, come un’ispirazione. Mi ritengo molto fortunato ad aver conosciuto questo grande, dimenticato artista, questo suo capolavoro in modo particolare, ed è giusto e doveroso ringraziare chi mi ha indirizzato in questa direzione. Vorrei infine consigliarne l’ascolto, sia della canzone che dell’album “Scorpio Rising” in generale, ovviamente a tutti voi miei lettori, ed anche a certi artisti che avrebbero le potenzialità per seguire la rotta tracciata da mr. Ryan, penso a Patrick Wolf, ad Asaf Avidan, loro che possono, tengano sempre a mente questo spirito, questo stile.
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