Con 150 000 $ raccolti via crowdfunding, mettere in scena la morte del cinema, sotto forma di noir scritto dall'ex ragazzo prodigio Bret Easton Ellis; con protagonisti la più discussa attrice da gossip ed il più famoso pornodivo americano in circolazione; portare il film a Venezia ed essere stroncato (quasi) all'unanimità. Ingiustamente.

Questa la strana impresa che Schrader ha compiuto nel 2013 (già quattro anni, il tempo passa veloce).

The Canyons infatti è uno dei film più controversi - non dico tra i più discussi, in tal caso dovrebbe essere stato visto da molti piuttosto che da quattro gatti - e maltrattati degli ultimi anni.

Con The Canyons, Schrader torna a parlare di squallore e meschinità nella dorata L.A. ma soprattutto mostra in maniera impietosa e pessimistica (sarebbe meglio dire apocalittica) la sua visione di Hollywood. In tal senso, questo film fa parte della mia ideale trilogia di film sulla distruzione/decostruzione del mito hollywoodiano insieme al lynchano Mulholland Drive ed a Maps to The Stars di Cronenberg, quest'ultimo uscito lo stesso anno The Canyons, che un budget più consistente e visto da più persone per il nome del regista, ma quasi altrettanto rigettato. Una Hollywood dietro le quinte governata da manipolazioni, giochi di potere psico sessuali e violenza per un piccolo posticino tra le comparse.

Si vede chiaramente come non sia un film pensato per essere piacevole o attraente verso un grande pubblico, nondimeno resta come Schrader sia ancora capace di creare cinema con stile da vendere anche con più difficoltà che mezzi, con una Lohan intrattabile ed irritante sul set (eppure qui, la sua intera esistenza di attrice acquista, per la prima volta, un senso), girando sempre con classe sublime ed offrendo alle immagini un'anima propria e determinata. Le stesse scene erotiche, abbondanti, mostrano l'amoralità (senza per questo fare nessuno tipo di moralismo) di un mondo in dissoluzione, di cui il futuro non può che essere rappresentato da un insieme degradante e desolato di cinema chiusi ed allo stato di abbandono.

Pochi l'hanno apprezzato e, probabilmente, pochi l'apprezzeranno, ma secondo me è un lavoro estremamente sottovalutato e che merita di essere riscoperto e dissotterrato dal semi oblio in cui sembra essere già sprofondato.

Si ritaglia una (rarissima) comparsa da attore Gus Van Sant, come psichiatra di Christian/Deen.

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