Paul Thomas Anderson, losangeliano doc, ritorna sui suoi sentieri (quelli di Los Angeles, appunto) e come in "Boogie Nights" ci scaraventa nei favolosi (?) anni Settanta. In fondo, le similitudini sono molte, a partire dall'ambiente cinematografico, là quello porno, qui quello più "amatoriale" dei giovani talenti in erba. E lo fa, facendosi aiutare da due protagonisti strepitosi: lui è il sedicenne Cooper Hoffman (figlio di Philip Seymour, e infatti gli somiglia parecchio), lei è Alana Haim, meglio nota come chitarrista della band rock Haim, in cui suona con le due sorelle Danielle e Este, entrambi presenti nel film. Compaiono fugacemente anche i genitori delle Haim, Moderchai e Donna, quest'ultima insegnante d'arte che ebbe come proprio allievo proprio Paul Thomas Anderson.

Los Angeles, 1973. Il quindicenne Gary Valentine s'innamora della venticinquenne Alana Kane. Lui è già un mini divo con aspirazioni imprenditoriali (prima i materassi ad acqua poi i flipper), lei è insoddisfatta della propria vita e non cede alla corte del giovane Gary benchè si lasci trascinare nelle sue scorribande. Ecco, non vorrei rivelare troppo del film perchè la bellezza dell'opera sta proprio in ciò che accade scena dopo scena più che nel suo insieme, alquanto frammentato.

Si tratta, in sostanza, di una storia d'amore, complicata e, a tratti, inopportuna. La differenza d'età è un limite, certo, ma lo sono anche i caratteri dei due protagonisti, assimmetrici e di difficile inquadramento. Anderson predilige l'utilizzo di più generi all'interno di un genere solo (è una commedia, fondamentalmente) ma muta, velocemente, in "coming of age" e dramma (come nel sottofinale), esaltato da una Los Angeles sempre estiva, soleggiata, in cui l'estate sembra perenne ed eterna (mai una sola goccia di pioggia) capace di sprizzare sogni e illusioni ad ogni piè sospinto. Lui è un farfallone che in un ambiente tanto folle ci sguazza alla grande, lei, più riflessiva, si chiede se valga la pena amare in un mondo tanto bizzaro e, sotto sotto, finto. Il ritmo è rilassato ma incalzante, e, appunto, si procede più per episodi che per omogeneità, epperò gli episodi presi uno per uno sono strepitosi. Vale la pena ricordarne due: l'incontro di Alana con la vecchia star del cinema Jack Holden (ovvio riferimento a William Holden) interpretata da Sean Penn che, con l'aiuto di un regista famoso, Rex Blau (qui si cita Mark Robson, regista hollywoodiano attivo negli anni Cinquanta) qui intepretato da un incredibile Tom Waits, rifanno all'impronta una scena motociclistica di un loro successo cinematografico; l'incontro-scontro tra i due protagonisti e Jon Peters, parrucchiere delle star fidanzato con Barbra Streisand (lo interpreta un convincente Bradley Cooper) che fu fonte d'ispirazione a metà anni Settanta per Warren Beatty nel costruire la psicologia del suo personaggio nel successone "Shampoo" di Hal Ashby.

Come evidente riferimenti e citazioni si accavallano a rotta di collo (la protagonista, bruttina e col nasone, cita la Streisand dell'epoca, anch'essa bruttina e col nasone, a cui una talent-scout domanda ironicamente: "Va di moda?") così come la storia d'amore procede sempre su binari parelleli. Spesso ci troviamo di fronte a situazioni inconsuete e stranianti, passaggi che nulla hanno a che fare con ciò che, in quel momento, tratteggia la trama (si veda il fidanzato del candidato sindaco Joel Wichs che nell'abbraccio liberatorio con Alana trova la forza di sopportare la propria condizione di "gay da nascondere agli occhi dell'opinione pubblica"), ma Anderson è bravissimo nel riportare ogni volta il punto focale al centro dell'azione. Così, la tribolata storia d'amore tra i due protagonisti diventa una specie di tour de force (quasi) omerico in cui ci si perde, si cambia partner e modo di vedere le cose, ma si ritorna, volenti o nolenti, al punto di partenza.

Ovviamente Anderson, come nelle sue opere precedenti, procede con altmaniana convinzione, è il suo faro, il regista a cui s'ispira da sempre. Qui non c'è il "carnevale umano" di "Magnolia", i protagonisti sono ben delineati e tutti gli altri, in fondo, gli sono solo di contorno, ma certo legare tutte le vicende, a tratti totalmente avulse dal contesto, è idea altmaniana al 100%. Così come lo è la splendida ricostruzione d'ambiente e l'uso geniale della fotografia, che firma proprio Anderson in "co-abitazione" con Michael Bauman.

Il titolo, di per sè indecifrabile, si riferisce ad una catena di negozi di dischi della California e rimanda alla forma del vinile (LP in inglese sta per Licorice Pizza, per l'appunto). A proposito di dischi, da sottolineare la travolgente colonna sonora d'epoca che comprende, tra gli altri, "July Tree" di Nina Simone; "Life of Mars?" di David Bowie e "But You're Mine" di Sonny & Cher.

Aspettando il nuovo film del regista ("Una battaglia dopo l'altra", con Leonardo Di Caprio, in uscita, da noi, dopo l'estate) mi pare interessante rivedere, o vedere, uno dei suoi film migliori e, forse, più sottovalutati.

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