Un giorno come un altro nella San Fernando Valley, Los Angeles, California. Nove storie che si toccano, a volte si sfiorano soltanto, altre volte si baciano.
La danza delle vite ruota attorno alle figure di due padri peccatori giunti a pochi passi dalla fine, nudi di fronte alla propria anima marcia: da un lato Earl Partridge (Jason Robards), magnate del mondo dello spettacolo ora ridotto immobile a letto per via del cancro, viene per questo accudito dall'infermiere Phil Parma (Philip Seymour Hoffman), al quale chiede di rintracciare il figlio Frank Mackey (Tom Cruise) con cui non ha rapporti da anni e che nel frattempo è diventato l'autore del programma "Seduci e Distruggi". Mackey prova un odio profondo nei confronti del padre da quando questi abbandonò lui e la madre malata durante la sua adolescenza. L'attuale moglie di Earl, Linda (Julianne Moore), intanto si rende conto dell'amore che prova per il marito e cerca di sfuggire ai vincoli legali che darebbero a lei l'eredità di un uomo sposato tempo prima solo per interesse economico. Dall'altro lato vi è Jimmy Gator (Philip Baker Hall), presentatore televisivo del quiz "What Do Kids Know?" che viene trasmesso dalle televisioni di Earl Partridge, e con Partridge ha in comune anche lo stesso destino a causa della medesima malattia. Gator è l'immagine dell'onestà e dell'integrità morale ma in realtà è lercio di un passato in cui ha compiuto atrocità ed abusi anche verso la figlia, la cocainomane Claudia (Melora Walters) che ora lo rinnega anche quando lui le confessa di restargli poco da vivere, questo poco prima che il poliziotto imbranato Jim Kurring (John C. Reilly) le faccia visita e si innamori di lei; ora Jimmy Gator arranca affannosamente verso la fine conducendo le ultime puntate del quiz che vede fra le sue fila il bambino prodigio di oggi Stanley (Jeremy Blackman), sfruttato da un padre che non lo ama neanche un po', mentre il bambino prodigio di ieri Donnie Smith (William H. Macy) è ora senza lavoro, pieno di debiti e lacerato da un amore omosessuale.
Nove vite che in un giorno qualsiasi conoscono l'apice della loro tensione interiore, nove vite corrose, pentite, stanche, scosse negli scheletri da un improvviso shock emotivo che le mette tutte davanti allo specchio; "noi possiamo chiudere con il passato ma il passato non chiude con noi" ripetono continuamente i personaggi di questo tremendo e bellissimo affresco drammatico, ed è appunto il passato di ognuno di loro che risale a galla per condurli in un intreccio di coincidenze che tanto coincidenze poi non sono, il passato da cui ogni uomo viene smascherato. Paul Thomas Anderson, nel suo film migliore (un "America Oggi" denso di lacrime), trova la radice di ogni male nei travagliati rapporti fra padre e figlio, in uno scenario in cui la famiglia da sempre imposta come modello imprescindibile di struttura sociale cade rovinosamente a terra fracassandosi i denti. E il filo conduttore che lega tutte queste anime finisce per essere la nuova divinità della storia recente: la televisione, l'immagine sorridente che ti viene imposta nei quiz all'ora di cena, la maschera per eccellenza, la televisione che ora più ora meno entre in tutte le vicende narrate, fino agli attimi finali in cui muore fulminata. La fluidità con cui il regista riesce a gestire una trama così intricata è notevole, il ritmo non svanisce mai in questa pellicola dalla struttura "gaussiana" in cui il pathos raggiunge l'apice nel momento centrale e le emozioni seguono il ritmo della macchina da presa che alterna veloci riprese, montaggi frenetici, a lunghi pianosequenza e statiche inquadrature dei volti degli attori, tutti ottimi (ma una spanna sopra agli altri Julianne Moore dagli occhi di vetro, Jason Robards, per il quale la morte arriverà davvero di lì a poco, e Tom Cruise, il che dimostra che quando vuole sa essere immenso).
La prima parte del film non lascia un attimo di tregua, i piedi sbattono sempre più forte fino ad alzare una nuvola di polvere carica di disperazione che tutto inghiotte e che scatena una fitta pioggia sporca e battente sulla città degli angeli, mentre nella seconda parte, dopo lo sguardo fisso e glaciale di Cruise sulla meschina giornalista che lo intervista ("Ti sto giudicando in silenzio"), tutto viene rallentato consentendo ad ognuno di arrivare al proprio momento della verità. E alla fine, dopo che son piovute rane dal cielo, c'è spazio per un sorriso.
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