Sinceramente mi sarei evitata la visione dell'ultimo film di Paul Verhoeven dal titolo "Benedetta". Ma ad invogliarmi è stato il pressante invito di una mia amica di vecchia data, di orientamento femminista, che proponendo la visione del film (a suo dire interessante) mi prometteva ricompense sessuali (del tipo e cito testualmente "se vieni con me al cinema poi ti darò la patata...") . Ovviamente, come ben noto, è bene acconsentire all'invito di una signora ma se già non nutrivo grandi aspettative su quanto solitamente realizzato dal regista olandese, la sua ultima pellicola non mi ha fatto cambiare idea.

La trama è incentrata su una monaca realmente esistita ovvero Benedetta Carlini vissuta dal 1591 al 1661. Entrando nel monastero toscano di Tuscia, la protagonista non passa inosservata non solo per l'ardore mistico verso Gesù Cristo (con tanto di visioni intense) ma anche per un troppo esteso trasporto per nulla mistico verso una suora di nome Bartolomea con cui si intrattiene dando sfogo ad una libido incontenibile. Naturalmente questa condotta libertina costellata di gimcane erotiche costituirà pietra di scandalo e al nunzio apostolico non resterà che processarla per eresia e lesbismo praticato intensamente, radiandola dal convento.

Se questa è in estrema sintesi la vicenda, occorre tener presente che, trattando una tematica come il sottile nesso intercorrente fra amore mistico e passione cosiddetta carnale, si accede ad un terreno minato e scivoloso. E non si tratta solo di personaggi realmente esistiti come Teresa d'Avila ben nota per le intense e strane visioni mistiche dello sposo Gesù (erano forse tali da causarle un orgasmo?) . In ambito cinematografico , va ricordato, il tema è stato già affrontato in passato con esiti interessanti. Basterebbe ricordare un film di delicata fattura che il grande John Huston girò nel 1957 dal titolo "Heaven knows, mr. Allison" con nomi del calibro di Deborah Kerr e Robert Mitchum. E altri registi si cimentarono poi sull'argomento come Bunuel (con "Viridiana" troppo audace per l'allora Spagna franchista), Borowicz, Ken Russell con un'opera molto osé come "I diavoli" . Per non dimenticare che nei primi anni '70,in Italia, dopo il meritato successo del "Decamerone" boccaccesco realizzato da Pasolini, ci fu un florilegio di film decameronici molto licenziosi in cui non venivano risparmiati particolari piccanti di villici e suore sensibili ai richiami dei sensi (e fra i vari titoli basterebbe citare un'opera dal titolo "Metti lo diavolo tuo ne lo inferno mio" ..).

Pertanto, il film "Benedetta" non brilla certo di originalità. Semmai quello che lo caratterizza è lo stile registico enfatico di Verhoeven che, anche qui, si conferma ridondante e a tratti grottesco. Basterebbe notare come, dovendo trattare il tema tosto del trasporto mistico debordante in amore molto materiale, il regista si soffermi e sguazzi su particolari molto pruriginosi, tanto per calcare la mano. Non saprei come definire altrimenti il suo evidenziare come una statuetta della Madonna (nulla a che vedere con l'omonima pop singer...) venga adibita ad usi impropri durante gli amplessi infuocati fra Benedetta e la di lei amante.Era proprio necessario rappresentare in modo così esplicito le acrobazie erotiche fra le due amanti (e chi scrive è comunque molto tiepido in tema di fede e religione) ?

Insomma, a mio parere, anche in questo film emerge una costante tipica di Verhoeven che, in tema di sesso non ha una visione solare e gioiosa, bensì coltiva il retro pensiero che l'intera faccenda abbia un che di losco, torbiso, ambiguo. Basterebbe, per averne una conferma, andare a rivedere un suo film girato nel 1983 dal titolo "The fourth man" in cui la protagonista femminile ha tutta l'aria di essere una dark lady, minacciosa quanto una mantide religiosa. Da allora il regista non è proprio cambiato e, a voler ricorrere ad interpretazioni freudiane, mi pare sia dotato di un Io messo male, così sballottato fra un Super Io imperioso e incombente da una parte e un Es vulcanico comme il faut quanto a sane pulsioni libidiche. Magari una terapia psicanalitica potrebbe tornargli utile ...

Ovviamente non intendo sminuire l'intensa recitazione delle attrici come Virginie Efira, nei panni di Benedetta, e Duphne Patakia (Bartolomea, la di lei amante), né voglio dimenticare l'ambigua Madre badessa del convento come Charlotte Rampling, né il nunzio apostolico ben reso da Lambert Wilson. Resta però l'impressione di un film dai toni compiaciuti e melodrammatici, come da stile esagitato di Verhoeven.

E sinceramente anche la mia amica è rimasta molto perplessa per quanto visto l'altra sera. Un'ennesima conferma che i film di Verhoeven possono essere fonte di delusione per spettatori attenti. Per me una certezza, esattamente come poi, dopo la visione del film, ho avuto l'ennesima conferma che la cosiddetta patata non può deludere ...

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