Lasciatemi innanzitutto ringraziare Marco "Blasters" Paderni, titolare per tanti anni di un negozietto a Scandiano (RE), tanto piccolo quanto pieno di vita, racconti e musica, e che musica; il negozio ha chiuso a fine 2006 e Marco adesso si occupa di altro, ma lo spirito continua anche grazie alle meravigliose chicche scoperte tra quelle mura, e soprattutto ai consigli del titolare...  E' grazie ad uno di questi consigli che ho scoperto Paul Westerberg.

Il primo contatto con questo autore, come credo molti de-baseriani, l'ho avuto grazie alla colonna sonora del grunge-movie "Singles", dove erano contenute "Dyslexic Heart" e "Waiting For Somebody", due canzoni invero molto piacevoli e poppeggianti; pensavo che Westerberg fosse un cantautore come tanti altri, che si affidasse alle colonne sonore per avere più visibilità... Dio solo sa quanto mi sbagliavo.

La storia dei Replacements meriterebbe troppo spazio, e non è questa la sede (magari rimandiamo a tra qualche mese, visto che l'intera discografia sarà ristampata dalla Rhino entro l'anno), e la storia del Westerberg solista non la conosco ancora troppo bene, salvo per questo "Stereo", il suo quarto album "regolare", senza contare quelli pubblicati sotto pseudonimo Grandpaboy.

Per stessa ammissione dell'artista questo lavoro è imperfetto, slabbrato e poco definito, registrato a volte anche male, tant'è che qualche brano finisce brutalmente durante una strofa, e le chitarre a volte sembrano a malapena accordate.

"Stereo", a dispetto del titolo, non ha nulla di tecnologico ed hi-fi, è dichiaratamente un disco "casalingo" (nel vero senso del termine) registrato in salotto, in cantina o forse nel cesso, tra la lettiera del gatto e il cestone della biancheria; con questo disco Westerberg dice addio alle major, alle produzioni dal grosso budget ed ai suoi 30 anni, anche se all'epoca ne aveva già 43 (perDio, un pò di tempo per realizzare glielo concederete, no?).

Leggiamo assieme i titoli delle canzoni: sono pieni di negazioni ("No Place for You", "Nothing To No One", "Don't Want Never"), di sporco e noia ("Dirt To Mud", "Boring Enormous"), di bugie necessarie ("Only Lie Worth Telling") o semplicemente di giorni sfigati ("Let The Bad Times Roll") e ci fanno capire che Paul non ha cambiato idea sul fatto che il mondo faccia ancora piuttosto schifo, e che l'amore forse sia l'unica cosa che permette ad un uomo di andare avanti, almeno finchè dura.

Certo, Westerberg non ha più vent'anni, e quando una volta l'esposizione era elettrica, rabbiosa e caotica, forte della giovanile e sboccata irruenza dei Replacements, ora ci troviamo ad ascoltare brani malinconici, sovente per sola voce e chitarra (acustica o elettrica), in un paio di casi accompagnati dalla batteria (non è dato sapere chi suoni oltre all'autore); se prima era l'essere ubriaco ed in tour per mesi a fila ciò che rendeva vivibile l'esistenza, oggi basta bere una birra in buona compagnia e ricordare con nostalgia i tempi in cui si era forse più stupidi ma con ancora tempo per rimediare ai propri errori.

Non troverete rock graffiante e pompato qui (per quello c'è il bonus CD "Mono" di Grandpa Boy), ma solo ballate "graffiate" ed imprecise, un pò come la vita, che non viene mai come la si vorrebbe; Paul Westerberg questo lo sa, ce lo racconta nel suo modo unico ed emozionante,  e noi per questo lo ringraziamo.

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