Malgrado, parlando dei Pavement, tutti di solito mi nominano quei due album "Crooked Rain, Crooked Rain" e "Slanted & Enchanted" che li rivelarono nei primi anni '90, io persisto nell'affermare che secondo me è proprio con "Brighten The Corners" che la band di Stephen Malkmus ha fatto il salto di qualità.
Sarà che ero troppo piccolo per ascoltarli nel 1992, ma credo che con questo album il gruppo abbia raggiunto la "summa" della propria arte low-fi al di là della promozione che ebbe all'epoca (bei tempi, quelli di "alternative nation" su MTV...): l'iniziale "Stereo" è un vero e proprio anthem che vale tutti gli album di Beck messi insieme, per non parlare della stupenda "Shady Lane" che è il vero grande classico del complesso statunitense.
Non ci sono punti deboli o cadute di tono: tutti i pezzi rispecchiano l'equilibrio squilibrato tra demenza sonica e le melodie, perfette e imperfette allo stesso tempo, che ahimè non sarà più mantenuto ai medesimi livelli nelle esperienze soliste di Malkmus.


Giova notevolmente la produzione di Mitch Easter (R.E.M.) che dà un tono più soffice a ballate strampalate come "Transport is Arranged" (schizofrenica come nella migliore tradizione dei Pavement): "Date With Ikea" ha una linea melodica da fare invidiare gli Weezer, così come in "Type Slowly" nei primi 25 secondi ti illudi che Malkmus stia provando per una volta a cantare "intonato" ma al primo accordo stridente di chitarra e al primo acuto agghiacciante tutto torna alla normalità.
Stesso discorso per la semi-ninna nanna "Embassy Row" a metà tra Frank Zappa e Pink Floyd,che si tramuta improvvisamente in un guitar rock à la Who!!
Le soprese non finiscono: "Blue Hawaiian" mantiene il registro vocale scazzato di Malkmus con la ormai familiare chitarra scordata che si avventura in un assolo sconclusionato.


Vero miele per le orecchie logorate delle produzioni perfettine e radio-friendly di troppe indie bands odierne,e mentre scorrono l'assurda "We Are Underused" (lamento pseudoblues introdotto da uno stupido organetto simil-orientale e che sfocia in un delirante coro finale), la ritmata "Passat Dream" (non sfigurerebbe in un disco degli Stone Roses)la poetica,a modo suo, "Starlings Of The Slipstream", non può che aumentare il rimpianto per un gruppo mai davvero stimato in proporzione ai suoi meriti e a quello che ha significato nella scena rock degli anni '90.
E mentre "Fin" (in assoluto la loro canzone più bella)evoca il suono ritmato di un mare che con le sue onde sommerge i ricordi della mia adolescenza, io mi lascio trasportare dalle sognanti dissonanze di questa fantastica ballad e chiudo gli occhi.
Il resto scopritelo voi.

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