"Binaurale": metodo di registrazione del suono che ha il fine di ottimizzare l'ascolto in cuffia della stessa, riproducendo il più fedelmente possibile le percezioni di un ascoltatore situato nell'ambiente originario.
A volte cerchiamo tutti un caldo riparo, una stazione nell'anima dove il treno delle nostre vite continui il proprio viaggio su binari di speranza. Perché vivere tra le onde anomale d'una tempesta è uno scherzo di cattivo gusto, un destino arbitrario alla roulette russa dei "dadi di dio". Siamo vittime e artefici di un fato imponderabile, come piccole barche nell'oceano che navigano alla ricerca del sicuro approdo. "Binaural" dei Pearl Jam è lo sguardo lontanissimo nella nebulosa astrale della cover, freddo e imparziale sulle miserie umane. Un corollario all'odissea in terra dell'uomo, che annulla se stesso nell'inutilità delle guerre, uccide e annienta il prossimo per avidità ed egoismi, rinnega il passato per mentire nel presente. Ricchezza, potere, controllo in uno specchio falso e abusato, distorsione che riproduce un mondo grottesco, alienato dove niente è come realmente sembra. Lontano anni luce dalla verità, villaggio globale imbevuto di ciniche bugie e paesaggi desolati.
Prodotto da Tchad Blake, con l'ingresso in pianta stabile dell'ex Soundgarden Matt Cameron alla batteria, "Binaural" uscirà nel maggio 2000 rivelandosi l'album più riflessivo e crepuscolare dei cinque cavalieri di Seattle. Evidenti alcuni richiami a certa psichedelia tardo-pinkfloydiana, dal mesmerico assolo di Mike McCready nell'evocativo singolo "Nothing As It Seems", ai repentini strappi al cuore dei bruschi stop-and-go di percussioni e trame chitarristiche Gossard-McCready nell'emozionale "Insignificance". Una delle migliori prove vocali su disco di Eddie Vedder, che nelle tredici tracce di questo lavoro invade letteralmente l'aria intorno chi ascolta con un timbro rabbioso, malinconico, tenace e mai rassegnato. Un calore straordinario, la voce di Eddie che s'inerpica e rapisce nell'eterno saluto a un amico scomparso ( la sofferta ballad "Light Years").
Il trittico iniziale composto da "Breakerfall" ("soltanto l'amore può evitare la fine"), "God's Dice" e i nevrotici cambi di tempo in "Evacuation" dimostra ancora, se mai ce ne fosse bisogno, quanto i Pearl Jam siano una gioiosa, veloce e oliata macchina rock and roll. L'atmosfera sovente distende toni esasperati e duri: nel sentimentalismo della morbida melodia folk di "Thin Air", impreziosita dal basso pulsante di Jeff Ament, negli intarsi dell'onirico blues "Of The Girl" e nell'esistenza deviata dall'abile mano della ballata psichedelica "Sleight Of Hand". La politica e i sanguinosi fatti del WTO di Seattle irrompono nelle parole di "Grievance" ("Grande uomo, grandi occhi che mi guardano. Devo immaginare cosa vedono. Progresso allacciato con ramificazioni. La libertà è stata presa a pugni. Spingi l'innocente da una folla, alza i bastoni e abbattili se non ubbidiscono."), "Rival" è un'ubriaca cantilena sostenuta dagli sporchi intrecci hard-bluesy delle chitarre. E mentre in "Soon Forget", breve racconto con Vedder all'ukulele, "..il sole sta calando.." sui tristi giorni di un uomo che presto dimenticheremo, immolato al culto superficiale del dio denaro, il finale solenne della splendida "Parting Ways" sancisce il definitivo distacco di due amanti alla deriva, consapevoli che le loro strade si divideranno, che il loro futuro "brucerà" allontanandosi per sempre. Fine dei giochi, un mesto addio tra gli archi e tamburi d'una preghiera laica.
"Binaural" rimane l'ultimo lavoro incisivo e degno di nota dei Pearl Jam, dopo i fasti di "Ten", "Vs", "Vitalogy" e "No Code"; un titolo sottovalutato ma che racchiude il lato mercuriale e oscuro della loro musica. Subito dopo verrà la tragedia di Roskilde, dannati e maligni sensi di colpa. Ma i sopravvissuti dalle camicie di flanella a quadri dei Novanta sapranno rialzarsi con forza e spalle larghe, cavalcando l'onda impetuosa di questi anni con orgoglio e spirito sincero. Nonostante tutto, il treno PJ prosegue a viaggiare su rotaie infinite.
"Le tue luci ora riflesse, riflesse da lontano. Non eravamo che pietre. Le tue luci ci hanno reso stelle. Con il respiro pesante, i rimpianti risvegliati. Vecchie pagine e giorni che potevano essere passati insieme, ma eravamo a miglia di distanza. Ogni metro fra noi ora diventa anni luce.."
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