Pearl Jam: una band che non sono mai riuscito ad amare in maniera viscerale, anzi, diciamo pure che tutto quello che hanno fatto da Binaural in poi mi lascia del tutto indifferente, eppure nell'ormai lontano 1994 hanno dato vita a un autentico capolavoro, un disco intenso, viscerale e autenticamente grunge che ho adorato ed ancoltato fino alla noia. Questo capolavoro si presenta sotto la poco attraente copertina tetra in stile enciclopedia, con incluso un booklet mastodontico pieno di immagini allegoriche e stralci di un libro pseudo-scientifico chiamato appunto Vitalogy.
Il disco si apre con "Last Exit", dominata dall'ossessivo drumming di Dave Abruzzese: mai la voce di Eddie Vedder era stata così abrasiva ed intensa, specie nel ritornello: una canzone breve, cupa e fulminea che cattura fin da subito l'attenzione dell'ascoltatore. "Spin The Black Circle" è un hard rock nevrotico in stile più prettamente Pearl Jam (ricorda da vicino brani come "Go" e "Brain Of J".) Riff convulso e batteria martellante, con il vocione da bluesman di Vedder che come sempre deve fare acrobazie incredibili per adattersi a questo tipo di canzoni. Il livello sale ulteriormente con "Not For You" in cui nel primo verso "Restless Soul, Enjoy Your Youth" in molti hanno letto un riferimento a Kurt Cobain: infatti la canzone è molto nirvaniana come stile: strofe quasi biascicate e cantilenanti e ritornello sbraitato, sarebbe stata molto bene in In Utero. Ottimo l'assolo e il generale il pathos creato dalle chitarre di Gossard e McCready. "Tremor Christ" è molto poco nota, eppure la ritengo una delle migliori (se non la migliore) canzone mai composta dai PJ: grandissimo attacco di chitarre distorte e ottima la prestazione di Vedder, che interpreta alla perfezione questa oscura e conturbante nenia, che si chiude con un magistrale aumento di pathos nel finale che va a spegnersi in un sussurro. Più unica che rara in tutta la storia della band. "Nothingman" è una ballata acustica molto dolce e malinconica, grande intensità nel cantato, che conquista fin da subito. Con "Whipping" si ritorna al sano hard rock di "Spin The Black Circle", canzone breve ma molto intensa e tellurica, soprattutto ne riff. "Pry, to" è un curioso intermezzo in cui Vedder canticchia la parola pryvacy dando all' ascoltatore l'impressione di origliare dal buco della serratura. Geniale anche perchè crea un'atmosfera ovattata in cui esplode in tutta la sua intensità il riff al fulmicotone di "Corduroy", potentissimo inno da stadio contro le manipolazioni dell'industria discografica. "Bugs" è una delirante filastrocca parlata che racconta di questi insetti, presenze sconosciute e opprimenti con i quali il nostro Vedder non sa come comportarsi. Evidente il significato allegorico. "Satan's Bed" è un'altro hard rock molto orecchiabile, con la particolarità del testo che proprio non ci si aspetterebbe dai Pearl Jam ("skinny little bitch, i never suck Satan's/Santa's dick..."). L'atmosfera si stempera con la bella ballata "Better Man" una delle prime canzoni scritte da Eddie Vedder quando ancora militava nei Bad Radio, parla del suo difficile rapporto con la madre e il patrigno. "Aye Davanita" è una stralunata filastrocca nonsense, vagamente tribale nel mood e nel ritmo, che fa da apripista all'ultima ballata dell'album, la malinconica, potente e pessimista "Immortality" dove la voce di Vedder raggiunge picchi incredibili di espressività e pathos interpretativo. L'unica nota stonata dall'album è la concusiva "Stupid Mop" lungo e noioso esperimento fine a se stesso, per il resto un disco incredibile e affascinante, paragonabile come intensità a In Utero dei Nirvana o Down On The Upside dei Soundgarden.
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