Non è Chris Martin dei Coldplay, non è una cover band dei R.e.m. o di Will Oldham, no niente di tutto ciò; ma se avete già avuto occasione di sentire Pedro the Lion, alias David Bazan, vi sarete già posti queste domande.
Il timbro vocale di questo artista e le sonorità che propone non devono trarre in inganno: qui siamo di fronte ad uno dei più grandi artisti rock alternativi della scena statunitense.

Direttamente da Seattle "Pedro" ci propone una nuova avventura, la quarta, due anni dopo lo strepitoso album Control. Sempre in bilico tra gioia e malinconia, tra lacrime e sorrisi, David Bazan ci fornisce un'ulteriore prova di come si possa con le più semplici armi di un musicista (chitarra, basso e batteria associate ad un talento indiscutibile) toccare l'animo umano nei suoi punti più delicati. E'un lavoro pieno di sentimenti: c'è la gioia nella cavalcata folk di "Transcontinental", c'è la solitudine nella splendida ballata "I Do", c'è l'adrenalina nei brani più tirati quali "Discretion" o "The Fleecing", la malinconia quando i ritmi rallentano ("Arizona" o "The Poison").

Insomma un breve viaggio (11 canzoni per 38 minuti) all'interno del mondo di Pedro The Lion lascia il segno e vi chiederete al termine dell'ascolto quale sia veramente il tallone d'achille di questo artista... Io una risposta ce l'ho: non aver avuto successo fuori dagli USA, ma secondo me è solo questione di tempo...

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