Nell'ormai lontano 2003, un quartetto di Evanston, nel cuore degli Stati Uniti, sputò un grumo roccioso come "Australasia". Accolto come manna dal cielo dagli amanti dello sludge, quel dischetto è rimasto probabilmente il punto più alto del gruppo. Un po' come la stragrande maggioranza delle realtà musicali, il passare degli anni li ha lentamente portati ad un declino di idee, ancor prima che di resa, nonostante qualche buon segnale, come "City of Echoes" (2007). Da quel cd, i Pelican hanno perso gran parte della fiducia che una buona schiera di fan aveva loro concesso. A concorrere a ciò il fatto che per diverso tempo il bruttino "What we All Come to Need" è stato l'ultimo punto di riferimento per scrutare verso quali lidi il pellicano stava spiccando il volo. Da lì ci sono voluti 4 anni (e l'abbandono del chitarrista Laurent Schroeder) prima di ascoltare "Forever Becoming", uscito nell'ottobre del 2013.
I Pelican hanno cercato nel corso della loro carriera di variare qualcosina, pur rifiutando repentini cambiamenti. Il disco in questione continua su questa falsariga, verso quell'addolcimento compositivo con cui i fratelli Herweg hanno proseguito nel corso degli anni. Le mazzate sludge degli esordi sono state sempre più smussate, fino ad un connubio di riff metal e aperture post rock. Una sorta di matrimonio tra Russian Circles e le trame chitarristiche proprie di realtà come Mogwai e Explosions In The Sky. Quest'ultimo lavoro incorpora questo percorso stilistico e il risultato è quello di un disco prevedibile e allo stesso tempo degno di attenzione. Difficile trovare originalità in una band, e più in generale in un genere, che fa della ripetizione e della sistematicità compositiva due delle sue caratteristiche principali. Se i riverberi distorti di "Terminal" si stemperano ben presto con chitarre dal sapore post rock, "Deny The Absolute" è un gradevole ritorno all'abrasività di un disco come "City of Echoes". C'è tutto quello che un vecchio fan dei Pelican vorrebbe ascoltare. Ma che il songwriting non sia eccelso lo dimostra "The Tundra", pezzo anonimo che si avvita su se stesso in una colata di riff che dicono poco o niente.
Va comunque dato atto ai Pelican di non aver stravolto la loro formula quando i risultati avrebbero spinto ad un tentativo. "Forever Becoming" è un lavoro tipicamente Pelican, pur inserito nel già menzionato percorso di "stemperamento sonoro": "The Cliff" è la summa di questo concetto, con un'apertura affidata ad un basso che puzza di stoner e che poi si smembra per lasciare posto ad una seconda parte "liquida", ammaliante. Un discorso che con un "copia e incolla" vale anche per la conclusiva "Perpetual Dawn", l'alba che chiude il quinto album in studio degli americani.
"Forever Becoming" è un disco di mestiere, che poco sposta nella loro discografia. Lontano dallo sfiorare i fasti dei primi due vagiti, si posiziona sulla scia dell'ep "Ataraxia/Taraxis" che aveva in parte anticipato le caratteristiche di FB. Fedeli alla loro idea musicale, i Pelican continuano a volare per la stessa strada e questa volta non falliscono. Ma siamo di nuovo di fronte ad un disco grigio, destinato a perire nella ristrettissima cerchia dei cultori del genere.
1. "Terminal" (3:28)
2. "Deny The Absolute" (5:35)
3. "The Tundra" (5:12)
4. "Immutable Dusk" (7:01)
5. "Threnody" (8:08)
6. "The Cliff" (4:06)
7. "Vestiges" (7:15)
8. "Perpetual Dawn" (9:28)
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