Sono passati già dieci anni da "Australasia", il parto più convincente, brutale e massiccio dei pellicani dell'Illinois. Fautori di uno sludge corposo e strumentale che con il passare degli anni si è stemperato in soluzioni più "liquide", i Pelican hanno dato alla luce il loro ultimo lavoro nel 2009, quel "What We All Come To Need" che ha diviso un po' tutti. Poi sono un po' scomparsi dalla scena, prima di tirar fuori un boxed set intitolato "The Wooden Box" e questo EP "Ataraxia/Taraxis", dell'aprile del 2012.
Spesso gli EP lasciano il tempo che trovano, il più delle volte sono riempitivi inutili. Ma in questo caso è interessante andare a ripescare questo piccolo lavoro per capire su quale isola siano approdati i Pelican. E' difficile poterlo dire da un fugace lavoro di questo tipo ma qualcosa si intuisce: l'iniziale "Ataraxia" potrebbe tracciare un solco in questo senso. La ricerca di soluzioni atmosferiche, quasi post rock è chiara e si riflette in un pezzo praticamente privo della potenza chitarristica che impregnava tanti lavori del passato.
Non c'è la puzza sulfurea del loro debutto, ma quelle caratteristiche sono andate lentamente a perdersi e anche "Lathe Biosas" ci conferma una band che ha forse deciso di puntare maggiormente sulla ricerca della melodia, in composizioni meno articolate e più "circolari". Il pezzo si lascia comunque ascoltare, così come la finale "Taraxis", altro brano meno possente rispetto al passato. Discorso diverso per "Parasite Colony", la traccia più oscura e abrasiva del lotto, quella in cui riemergono i riflessi del muscolare sludge/stoner degli esordi e dove i riff tornano ad essere il matrimonio fondamentale della band.
I Pelican stanno attraversando un momento complesso della loro vita artistica: questo EP, pur risultando godibile e molto più accessibile in confronto ai "dolmen sonori" del passato, continua a lasciare dubbi sul percorso artistico che la band di Evanston ha deciso di intraprendere.
1. "Ataraxia" (3:20)
2. "Lathe Biosas" (4:43)
3. "Parasite Colony" (4:40)
4. "Taraxis" (5:15)
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