I Pendragon mi fanno pensare ad un paio di vecchie scarpe comode, il tutto inteso in senso buono, beninteso. Immaginando facce perplesse vado subito a spiegare il paragone. Se vi comprate un paio di scarpe nuove sarete sicuramente alla moda e soddisferete la vostra voglia di cambiare, di provare cose nuove. Dal punto di vista del comfort la faccenda è tuttavia molto più delicata in quanto potrebbe andarvi bene e potreste comprare scarpe che non vi faranno rimpiangere quelle vecchie, ma potreste anche imbattervi in mortali "trappole da piedi". Mi riferisco, ad esempio, a quelle scarpe con "paraurti" incorporato, modello impiegato Tecnocasa, oppure a quelle scarpe di pelle simil-ginnastica che se portate d'estate mostrano tutto l'odio che provate per le vostre estremità o, infine, se appartenete al gentil sesso, quelle scarpe che, sebbene il Padreterno ci abbia creato con 5 dita dei piedi, hanno una lunga punta che sembra fatta per contenerne solamente uno, enorme, manco foste dei Velociraptor (per chi non si intendesse di paleontologia o non avesse visto Jurassic Park, i Velociraptor sono dei sauropodi provvisti sugli arti inferiori di una grossa unghiona a forma di falcetto...). Nel caso vi imbatteste in una di queste malaugurate evenienze che fare quindi? Semplice: buttare le scarpe torturatrici e andare a riprendere nella scarpiera le vecchie, logore Clark che però sono comode come pantofole, o, se siamo nella stagione calda, quel paio di vecchi sandali per i quali i vostri piedi non finiranno mai di ringraziarvi.

Tornando ai Pendragon dovrebbe essere ovvio dove voglio andare a parare: voglio dire che approcciando un loro disco siamo assolutamente certi di cosa ci aspetta e sappiamo che sicuramente non prenderemo una "sóla" (romano per "fregatura"). Da loro infatti non ci dobbiamo aspettare sorprese, nè d'altra parte ne vorremmo. Se quindi non ce la sentiamo di rischiare prendendo il CD di quel gruppo malgascio tanto osannato nei gruppi di discussione su internet, con i Pendragon ci addentriamo in un terreno abbondantemente conosciuto e siamo certi che non troveremo nulla di più di quel new prog caldo, piacevole (e diciamolo, sempre più o meno uguale...) fatto di belle melodie, struggenti assoli di chitarra, delicate rifiniture tastieristiche. Quanto fin ora detto vale ovviamente sia per i lavori in studio, che, a maggior ragione, per album dal vivo o, come in questo caso, "unplugged" (una volta si diceva acustici), nei quali alla fin fine non si fa altro che ripassare al sugo la solita fettina del giorno prima.

Album acustico, dicevamo, questo "Acoustically Challenged", registrato durante uno show tenuto alla radio polacca (il disco esce infatti per la polacca Metal Mind) da Nick Barret (voce e chitarra), Peter Gee (chitarra) e Clive Nolan (tastiere). Dieci i brani che lo compongono e che cercano di offrire una panoramica sull'ampia produzione discografica del gruppo. Si parte con "And We'll Go Hunting Deer", delicato brano tratto dal capolavoro dei Pendragon, "The World", che nella dimensione acustica non perde e non acquista nulla ma scivola via piacevole e leggero. Segue "Fallen Dreams And Angels", dall'omonimo EP, brano che, pur essendo una delle composizioni per così dire "leggere" del loro repertorio, si lascia ascoltare con piacere. Successivamente è la volta di "A Man Of Nomadic Traits" e "World's End", brani piuttosto piacevoli che anche in versione acustica mantengono la loro giusta carica di pathos. Il livello sale ulteriormente con una bellissima versione di "The Voyager", grande brano tratto da "The World", immediatamente seguito da un'altra perla, quella "Alaska" che rappresentava uno dei punti più alti del disco di esordio della band, "The Jewel". Il disco si conclude poi con altri 4 brani tra cui spiccano una bella versione di "The Pursuit Of Excellence" e la malinconica "Unspoken Words" tratta dal primo lavoro solista del bassista Peter Gee.

Da segnalare infine la confezione digipack veramente molto bella e l'aggiunta di una sezione multimediale (con foto, il filmato di un'intervista a Nick Barrett ed altro). Dopo la lunga e un po' delirante introduzione a questa recensione, che spero non vi abbia irritato troppo, non posso che concludere dicendo che si tratta, in definitiva, di un disco molto piacevole che appagherà di certo i molti fan dei Pendragon mentre al contrario non smuoverà di una virgola i detrattori della band ed anzi forse li “incarognirà” ancora di più nel loro astio tanto più che si tratta del quinto o sesto live realizzato dal gruppo.... (va bene, questo è unplugged, ma non sono comunque un po' troppi?).

Carico i commenti...  con calma