Nel lontano 1976 un misconosciuto Simon Jeffes mise su un orchestrina di "pinguini" formata da quattro elementi classici intenti a fare una musica colta, ma che non si prenda troppo sul serio, anzi. Una musica senza troppe pretese che sappia unire vari continenti, religioni e etiche in un solo progetto.

Esatto, è di World Music che parliamo qui. E il già citato Jeffes leader dei Penguin Cafè Orchestra è un genio. Non uno di quei geni eccentrici, malati e sempre alla ricerca dell'ultima stramberia, un po alla Zappa. No lui è un genio di quelli silenziosi, di quelli che preferiscono agire nella penombra rispetto che alla luce del sole. Soprattutto lui è un genio ambizioso, visionario e forse la storia della musica ha qualche debito in sospeso con lui, visto la scarsa notorietà del suo progetto musicale.

Passiamo alla musica vera e propria di questi pinguini. Esordiscono in quattro con il "Penguin Cafè Single", contenuta in questo loro album d'esordio, un singolo che mette in chiaro subito la classicità del quartetto e riassume tutto ciò in 6 minuti. Poi si prosegue passando per il lametare canto che si trascina dietro l'umore grigio dell'orchestra in "In A Sidney Motel", dagli archi di "Surface Tension" che sembrano ricordare l'Eno della "Discreet Music", o per "Milk" traccia molto tribale nel suo incedere scarno ma d'effetto, alla ariosa ed allegra "Giles Farnaby's Dream" in cui è più visibile la loro idea sulla World Music, oppure alla strana "Pigtail" in cui la musica è scaturita da suoni elettronici che richeggiano nel vuoto aritmico del brano. La maggior parte delle tracce qui citate si mantengono sulla durata dei due minuti in media, formando una vera e prorpia suite.

Quindi discorso a parte va fatto per i dodici minuti della struggente "Sound Of Someone You Love Who's Going Away And It Doeasn't Matter". E' il brano più lungo dell'album che trasferisce all'ascoltatore una malinconia e una dolcezza uniche, nel ripetersi di quelle note man mano sempre più rimarcate dagli archi in sottofondo, man mano sempre più tristi e toccanti. Una musica magnifica, magniloquente e essenziale al tempo stesso.

Questo resta il capolavoro più omogeneo e completo dei Penguins, anche se i lavori successivi non saranno certo da meno e offrono sempre spunti notevoli di inventiva da parte di Jeffes, probabilmente l'anello che collega l'inventiva di Eno alla ricerca dell'etnico minimale di Glass.

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