Subito dopo gli irraggiungibili Bad Religion, il trono dell'HC Melodic 90's, spetta senza ombra di dubbio ai californiani Pennywise, prodotti e lanciati proprio da mamma Epitaph

Anni luce distanti da certi cazzeggi di nofxiana memoria, cantilene da checca pop-punk alla Billie Joe , e scontati slogan distribuiti a destra e manca, i Pennywise si fanno notare, sin dai convincenti esordi, come una formazione sveglia e sincera, forti di quel lirismo intelligente ed impegnato, sul filone dei tanto cari Bad Religion, che tanto li ha accompagnati durante l'ormai ventennale carriera, in un genere che comincia a risentire dei primi sintomi di commercializzazione/declino, complici il successo mondiale, e i consensi positivi che band mediocri come Offspring, e appunto, Green Day, stanno raggiungendo.  Riaggrappandoci al paragone di cui sopra - che più avanti sarà ovvio ripetere -, possiamo tranquillamente accostare questo terzo album, About Time (1995), al capolavoro di Greg & soci, No Control, pietra miliare con cui il recensito in questione ha molto da spartire, sia sotto il punto di vista musicale, con brevi composizioni veloci e taglienti, sorrette dalla classica spiccata dote per melodie memorabili ed avvincenti, sia come tematiche, nel caso dei due dischi, più vicine di quanto si creda.   

Prima di sviscerare cotanto lavoro, doveroso ricordare un curioso aneddoto : prima che About Time venisse alle stampe, Jim & compagnia, che nelfrattempo avevano cominciato a farsi apprezzare con i primi buoni lavori, live, e le varie apparizioni sulle Punk O Rama, ricevettero richieste da svariate major per un nero su bianco, allo scopo di ricalcare i successi di metà 90 di Offspring e Green Day, richieste e colloqui sistematicamente rifiutati dai nostri, rimasti fedeli alla Epitaph, (che allora non aveva ancora il monopolio assoluto nel settore melodico insieme a Fat Wreck), fattore interessante che contribuisce a dargli una buona reputazione, e credibilità, in un genere ormai inflazionato da band per adolescenti che puntano più sull'immagine, e l'airplay radiofonico, che sulla passione nel proporre determinata musica e concetti.

Lontano dalla tiepidità e mediocrità dei lavori post 90, qui troviamo la band californiana in forma smagliante, con il compianto bassista Jason Thirsk (che dopo una lunga battaglia con l'alcolismo, morirà un anno dopo, accindentalmente suicida), a dare un ultimo (come sempre eccelso) contributo alla causa, andando a plasmare un lavoro coinvolgente e completo come pochi. [Jason verrà poi omaggiato sulla toccante "Bro Hymn", nel successivo album, ad oggi pezzo di punta della formazione]. Ne consegue quindi un discreto successo commerciale (l'album entrerà sulla prestigiosa classifica Billboard) che, oltre l'indiscutibile qualità musicale, e la solita impronta melodica tipica dei Pennywise, offre un ottimo songwriting, dall'anticonformismo, alle consuete e composte critiche sociali, ponendo particolare rilievo alla voglia di cambiare le carte in regola di una società ormai paralizzata, massificata e dogmatica, temi che da sempre trovano terreno più che fertile sui lavori dei colleghi Bad Religion.

Brani come la poderosa e coinvolgente "Peaceful Day", (picco più alto del disco), colpiscono per la straordinaria carica in grado di sprigionare, che si va ad aggiungere alle riuscite melodie-cori da pogo, si facilmente assimilabili, ma con il vantaggio non indifferente di non scadere mai sul banale, forti anche di un notevole testo, che fa luce sulla piattezza della società odierna. Potenza e melodia ancora più presenti su "Waste Of Time", decisa presa di posizione contro la religione, dove sono l'ottimo lavoro di Jason, e del chitarrista Fletcher ad emergere. Significativa e caparbia "Perfect People", con la sua intro dal vago sapore fusion, che sfocia poi in un gran concentrato di energia, complice il magistrale supporto del batterista Byron; qui le liriche mettono in risalto come nella società attuale, si dia troppa importanza all'aspetto esteriore, e come le persone perfette, in quanto tali trovano e ottengono facilmente quello che vogliono, (non sono ossessionato dai Bad Religion, ma molti di questi pezzi sembrano veramente usciti fuori dal loro '89). Ancora a livelli alti sulla tirata "Every Single Day" (notevoli i cori), la bellissima midtempo "Searching", (qui un Jim particolarmente ispirato nelle linee vocali), e la travolgente, "Not Far Away" , che poi insieme ad "It's What You Do With It", è l'episodio in cui tutti i 4 componenti danno il 110 %, (non che siano da meno sul resto dell'album, ma i gradevoli assoli, la più che funzionante accoppiata drumming-riffing, ed un Lindberg ancora in stato di grazia, fanno si che tutto il loro potenziale renda al massimo su questi frangenti). Byron si mantiene a buonissimi livelli anche su "Freebase", dove va a coprire quello che è forse l'unico episodio in cui Jim risulta avere un approccio troppo debole al microfono (approccio che negli anni 2000 sarà quasi di default), ripagato però dai buoni accompagnamenti, e dall'intenso songwriting, che zomma un argomento scontato e di facciata, quanto spinoso, come il perdere una persona cara per dipendenza, (agghiacciante, e dannatamente profetico, vista la fine che soltanto un anno dopo spetterà al povero Jason •  fine tristemente nota a tutti • •

• mentre il resto del gruppo era impegnato in un tour, si ubriaca ad una festa, si spoglia e accidentalmente si spara un colpo alla pancia. • • Nonostante le continue battaglie legali la band e i familiari non sono riusciti ad evitare che la foto si diffondesse su internet, dove ancora oggi è visibile su alcuni siti.

Sulle velocissime "Try", "Killing Time", e "I Won't Have It",  si fa ancora più marcata l'ombra BR, e dei loro primi furiosi lavori, la velocità sale a dismisura, le rullate di Byron sono sempre dinamiche e precise, il muro sonoro di riff fa sempre la sua sporca figura, e sorregge i vocal, qui particolarmente accesi, di Jim. Singolo con tanto di bel video skateoriented e citazione ai Black Flag, invece "Same Old Story", unico punto leggermente sotto la media.

32 Minuti x 12 tracce, produzione e registrazione di alto livello, per questo grande album, che di fatto dopo talmente tante citazioni, puo essere eletto a degno erede novantiano della gemma "No Control" dei Bad Religion, che per fortuna, con la loro lezione, non hanno soltanto acceso la miccia per l'insorgere di 1000 cloni di qualità discutibile (Lagwagon, Millencolin, Rise Against & co, spesso prodotti proprio da loro), ma hanno ben influenzato ragazzi determinati e dalle buone qualità, come nel caso dela band californiana in questione, che con questo album, che rasenta la perfezione, raggiunge il picco più alto della carriera.

Immancabile se apprezzate l'hardcore melodico potente e veloce, due particolarità molto presenti su About Time, e su gran parte della prima produzione dei Pennywise.

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