Voglio regalarvi una chicca. Gli esperti sicuramente non scoprono nulla ma i meno navigati è giusto che aprano i loro orizzonti e vadano a mettere mano anche sui dischi meno celebrati e più nascosti. Che poi, "mettere mano", è detto così tanto per dire. L'album che vi propongo può tranquillamente definirsi rarità. Io, logicamente, ce l'ho. E pensare che è stato un regalo di una persona che vorrebbe simpaticamente riprenderselo ogni volta che s'intrufola tra i miei possedimenti musicali. Ma lì ragiono da latifondista sudista e sbarro la strada. Sia perché il disco ha un discreto valore economico, sia perché dentro c'è musica con gli attributi e la voce di donna. E poi, in fondo, direbbe qualcuno "ho ucciso per molto meno".

I Perfect Crime escono con il loro primo ed unico lavoro nel 1990 e vanno ad arricchire la mia personale riserva di quell'adorabile annata. Proprio come per i collezionisti di bottiglie di vino, che ad un certo punto si divertono ad andare a pescare annate inimmaginabili di paesi improbabili, così succede ai collezionisti di dischi (ma io, in fondo, non lo sono pur avendo qualcosina niente male) di andare alla ricerca di qualcosa di diverso e fuori dai circuiti classici. Ebbene, i Perfect Crime erano una proposta novità proveniente da un mercato periferico rispetto ai circuiti più affollati: quello scandinavo. Più precisamente norvegese. A livello di becero marketing, le poche copie di "Blonde On Blonde" (nome, oltretutto, della band progenitrice dei Perfect Crime, uscita solo l'anno prima con un full lenght) si giustificano con l'esigua ricettività del mercato nord europeo. Chi lo sa, forse non erano convinti di poter avere successo altrove, forse volevano solo accontentare i fan di Norvegia e zone limitrofe, odierni patri confini del black metal, sempre solcati da fenomeni alternativi di altissimo livello (uno a caso: Motorpsycho).

Fatto sta che a trent'anni ormai dalla sua uscita, questo "Blonde On Blonde" risulta ancora essere una godibilissima composizione musicale, fatta nel pieno rispetto delle regole hr/aor e disciplinata da un ex dei grandiosi Whitesnake: Bernie Mardsen (anche alle chitarre e alle composizioni). Insieme a lui uno staff britannico di tutto rispetto.

La band. Quattro ragazzi norvegesi dotati di normali doti tecniche agli strumenti. Una donna, Bente Smaavik (su faccia libro la trovate), a cantare col goniometro. Cantante della razza professionisti, grande abilità nel gestire la voce con preferenza per i toni bassi. Ma quelli alti sono duri e precisi, da buona mascolona del nord Europa. C'è chi la paragona a Lee Aaron, ma non credeteci troppo. La differenza d'interpretazione con la canadese è notevole e a favore della nord americana. Provate ad ascoltarle in cuffia: Lee è fuoco, Bente è ghiaccio.

Il sound. Ho già parlato di hard rock e aor. Intendeteli in senso molto lato, eterogeneo e aperto. In 10 brani vengono esplorati in maniera sufficientemente abbondante gli aspetti principali dei due generi. Riferimenti per l'orecchio possono essere senza dubbio alcuno i Laos sul versante aor. Dall'altra parte ci sta una band che punta tutto sulla sua star, Bente, mettendola in condizione di dare il meglio come facevano i musicisti - questa volta sì - di Lee Aaron in Bodyrock, ad esempio, nei brani a più alto tasso di pathos. Il rock duro proposto dai norvegesi è quindi di chiaro stampo female.

Il disco. I Perfect Crime non ci mostrano subito la loro faccia, ma partono con tastiere ad effetto su cui si innestano svirgolate di chitarra e poi l'incedere sicuro e solenne di "Into The Water", brano che al sottoscritto piace molto perché lascia che le nebbie si alzino pian piano per svelarci una Bente secca e decisa, e un azzeccato ritornello accompagnato da un riff interessante, preciso e ben studiato. Un brano duro, arioso e nettamente influenzato dalle produzioni statunitensi. La band si svela man mano nel disco molto "laosiana" in "One Of These Days", aor che può risultare anche stucchevole ai non amanti del genere e che gira intorno a tastiere vorticanti che sprizzano maniera ad ogni tocco, molto classic hard rock nella convincente "Perfect Crime", ancor più solenne della opener e in cui Bente la fa da matrona, molto epica in "Liar", dove c'è un passo avanti nella tecnica con Mardsen alla chitarra seguito da tastiere impressionanti, molto boulevard in "Key In The Door" che il sottoscritto apprezza in maniera convinta.

Alla fine del disco, di cui credo di aver citato i passi migliori, c'è "Stripped To The Bone" che vuole essere l'omaggio dei Perfect Crime ai maestri dell'hard rock dei 70 e degli 80. La summa dei valori dell'album esprime risultati sicuramente positivi e promettenti ma sono discorsi rimasti senza alcun seguito. "Blonde On Blonde" è un disco che meritava un successore per capire dove sarebbe andata a collocarsi la band in tempi più maturi. Un 4 sulla fiducia e basato sulla qualità. Chissà perché, però, sono convinto che dopo non sarebbero stati così bravi. Provateli.

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