Parto subito in quarta: non ci siamo.
O quantomeno, mettiamola così: ci fosse scritto un qualsiasi altro nome invece che Periphery, questo Hail Stan, titolo in onore di Stan Lee, sarebbe stato un grandissimo disco.
Potente, ultra tecnico, melodico, ricercato, eppure, secondo me rappresenta forse il capitolo peggiore della saga Pure Riffery: i pezzi vincenti si contano veramente sulle dita di una mano, e neanche, tra cui l'eccezionale Reptile, la iper melodica It's Only Smiles, la brutale Blood Eagle, e la ballad Satellites, ma il resto diciamo la verità, non convince affatto; CHVRCH BVRNER è una brutta copia dei peggiori The Dillinger Escape Plan, Garden in the Bones a parte il solito incredibile assolo di chitarra, rimane anonima non essendo nè pesante nè "leggera", Follow Your Ghost è pesante come una peperonata di prima mattina senza il mordente di classici come Zyglrox o altre, Crush... cos'è Crush? Una sottospecie di pezzo mezzo elettronico mezzo rock mal riuscito e infine vi è quell'accozzaglia di riff senza senso di Sentient Glow, un manierismo senza idee e melodie vincenti.
Eccellente come sempre la produzione e l'esecuzione, sopratutto vocale (Spencer si è a dir poco superato), ma ciò non basta a rendere PIV un disco egregio: lontanissimo dai voli pindarici del doppio album Juggernaut, e dall'immediatezza della triade PI, PII e PIII, un disco dal potenziale sicuramente alto che tiene botta grazie a quella manciata di pezzi vincenti, ma che non si assesta ahimè sui livelli altissimi dei precedenti.
PI infatti è nettamente superiore praticamente in tutto, PII uguale, se non addirittura ancora meglio del primo (a tratti), PIII nonostante il calo di tensione, vince in quanto contenente una serie di vere e proprie hit, Juggernaut rimane in assoluto intoccato in quanto un disco coraggioso, sperimentale e corale come nessun altro ha osato finora nel Djent vero e proprio.
PIV avrebbe funzionato molto di più come EP, in quel caso si sarebbe meritato un 4 o un 5 netto, ma la quantità industriale di clichè e sopratutto di fillers appesantiscono una minestra che sta diventando paurosamente sempre di più riscaldata.
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