Ultima fatica dei malati Peste Noire (presentazione del gruppo superflua, chi non li conoscesse vada a documenatarsi) dopo le "pestilenze" del penultimo album "Ballade Cuntre Lo Anemi Francor" che oramai risale al 2009, ecco arrivare nuove sonorità in un album che ha tutta l'aria di essere molto ambizioso nella sperimentazione dei suoni, nella ricercatezza delle melodie e nella contaminazione fra generi.

Vediamolo nel dettaglio.

Si incomincia con "Casse Peches Fractures, Et Traditions", primo pezzo dell'intera realase, ritmica tipicamente rock, si mantiene nei meandri più tradizionali del black metal, le chitarre sono grezze pungenti al punto giusto, mentre lo screaming rabbioso ci introduce in territori pericolosi, periferici, territori popolati da personaggi grotteschi, ebbri, malati di mente, un circo antropomorfo ai confini del surreale e in questo contesto si inserisce la rabbiosa voce di Famine che svolge egregiamente il duplice ruolo di diabolico menestrello, nello screem a volte trattenuto, e malefico giullare di corte nell'estremizzazione di alcuni grotteschi siparietti...ma ancora storditi dalle galline spennacchiate entra bella cattiva

"Chocon Carotte Et Les" contraddistinta da riff decisamente più decisi, amalgamati con elementi techno-industrial che generano una miscela veramente inusuale ed esplosiva nella sua disomogeneità; pulsanti beat techno ci catapultano da roccaforti medievali a realtà metropolitane sottorranee, il malefico scream ci accompagna sapientemente in atmosfere alquanto segrete sinistre e lussuriose, anche qui ben coaudiuvate da gemiti, schiaffi, frustate, pratiche sessuali fra le più inusuali ed estreme condite da quel qualcosa di sporco e grottesco che, ben amalgamato, ne produce un gran pezzo fra i più malati mai sentiti finora.

In "J'avais Reve Du Nord" la paura e la cattiveria del pezzo sono presenti sin dal principio, qui sono presenti rumori di caricatori di pistole che sparano all'impazzata, la voce di Famine diventa più cupa e più sinistra, ma quando meno te l'aspetti le chitarre elettriche lasciano spazio a malinconici riff d'acustica accompagnati dalla dolcissima voce femminile di Audrey Sylvain. Rabbia e disprezzo lasciano spazio a decadenza e malinconia in una commistione di suoni che produce un pezzo incredibilmente piacevole nonostante il suo evidente ecclettismo.

Attraverso "Sale Famine Von Vaulfoutre" dove basso e chitarra danno vita ad una composizione veramente spettrale e cupa si arriva a malincuore alla traccia finale "Condi Hu" dove la band di Avignone raggiunge il massimo livello di malinconia e disperazione, attraverso un testo veramente decadente, ci narrano di malattie, guerre e sopraffazioni, ci insinuano la senzazione che il peggio debba ancora arrivare, un pessimismo identificato nella sofferenza del genere umano e nella degradazione umana più totale derivante dalle conseguenze di conflitti nucleari e sopraffazioni varie; quello che da questo pezzo ne traspare e che forse l'uomo, in un contesto del genere, non troverà mai un'ancora di salvezza e vivrà per sempre nel dolore. Con questo pessimismo dilagante cala il sipario su questo folle album.

Screaming, inserti elettronici, melodie strambe, atmosfere grottesche tutti elementi e sensazioni ben riconoscibili in questo eclettica realease. I ragazzacci francesi ci hanno catapultano all'interno di una Francia periferica e decadente, a volte una Francia metropolitana e contemporanea vissuta nello squallore e nel degrado delle sue pericolose periferie, altre volte ci hanno narrato di un paese medievale abitato da una miriade personaggi sconquassati, un popolo grottesco al di fuori dalla realtà, ridotto alla fame, ridotto a vivere di imbrogli e di espedienti; in questi contesti alquanto differenti ma allo stesso tempo grotteschi, l'ascoltatore che al primo ascolto si trova decisamente spiazzato col passare dei minuti impara a metabolizzare i cambi temporali e gli input sonori generati da questo apparente disordine che alla fine risulta sapientemente gestito e plasmato a prorio piacimento dalle mani e dalle voci di queste 4 menti malate.

In conclusione "L'Ordure à l'état Pur" risulta essere un album veramente malato, ricco di spunti e al limite dell'immaginazione di una mente disturbata, un album che merita di essere ascoltato e riascoltato numerose volte.
Chapeau.

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