“In association with Hasbro” è un incipit che aiuta: sapete fin da subito, anche se come il sottoscritto non avete visto il trailer, che non dovete aspettarvi nulla. Avete davanti un film basato sulle meravigliose avventure del gioco Battaglia Navale, serve dire altro?
Hollywood è così alla frutta che non si limita più a riciclare e/o smembrare sceneggiature di videogiochi; crearne dal nulla per i giochi da tavolo è la nuova frontiera, inoltre non c’è purista o fan del prodotto che possa lamentarsi della scarsa fedeltà della pellicola. Geniale. Aspetto con ansia un bel film di guerra su Risiko!, magari con l’Oceania alleata dell’Asia, quello del Monopoli su una strage di mafia in Piazza Giulio Cesare, un bel thriller psicologico basato su Indovina Chi?, un horror su L’Allegro Chirurgo e un bel pornazzo ispirato a Twister.
Dicevo, più che vedere il film senza aspettarvi nulla non potete, e partendo dal fondo del barile per un attimo crederete che in qualche modo non possa che migliorare. Invece tocca fare i conti con un cast indecente, un protagonista stupido e fastidioso che spererete muoia da un momento all’altro, Liam Neeson che dio solo sa che cazzo ci fa qui, Rihanna che imita Michelle Rodriguez e un branco di ebeti privi di carisma troppo incapaci anche per fare televisione; la presenza della biondona ultra sexy peggiora le cose, vi ricorda incessantemente che il regista sta cercando di distrarvi per farvi chiudere un occhio sul quadro generale. E invece niente, passano 50 minuti di tedio, tra battute che sfigurerebbero in una serie tv su Disney Channel, situazioni surreali e personaggi senza capo né coda che fanno cose senza senso e senza ripercussioni. Il tutto condensato in un magnifico filmato promozionale per la marina americana sulle note degli AC/DC. Non scherzo, per un’ora si alternano 5 minuti di dialoghi inconsistenti a 5 minuti di riprese tamarre di navi da guerra, con tanto di hard-rock e taglio videoclipparo: da strapparsi gli occhi con le unghie.
Se dopo un’ora non avete ancora disertato la sala significa che il treno di aperitivi che avete ingurgitato prima di entrare ancora vi sorregge. Entrano in campo i transformers alieni, o giù di lì, giganteschi, agili e capaci di volare, ma che restano sul pelo dell’acqua giusto per poter essere colpiti dai siluri delle navi (dopotutto il film promuove la marina, mica l’aeronautica, chi se ne frega se i cattivi possono volare, lo sceneggiatore ha detto che quando combattono devono stare sull’acqua). Inoltre gli alieni sono dei veri gentlemen, attaccano solo quando gli si punta in faccia un’arma, basta abbassarla e quelli smettono di considerarti una minaccia. Ci si chiede come abbiano fatto a sopravvivere sul loro pianeta.
Comunque, il film va avanti spremendo un po’ di quei 200 milioni di dollari in rendering a tutto schermo, con gli alieni che dopo aver fatto fuori tutte le navi (tranne una, ovviamente, indovinate quale!) scagliano dei testicoli di metallo verso le zone abitate, uccidendo decine di migliaia di civili. O almeno, questo è quello che dicono al Pentagono (nel film è ridicolmente illuminato come le Galeries Lafayette a Natale), perché siccome il film è costato un botto, il rate non poteva che essere PG13: il che significa che non vedrete una sola scena di morte, nonostante le centinaia di ottime occasioni sul piatto.
Si continua con l’entrata in scena di un soldato senza gambe e del nerd, che sa tutto dei piani degli alieni e della loro tecnologia (così, senza motivo, lui SA), e nel caso fossero rimasti un po’ indietro con le battute squallide e i cliché, a causa dell’elevato numero di esplosioni, ecco che ce ne viene servita un’altra porzione abbondante per recuperare il tempo perduto.
Non voglio spoilerare troppo nel caso decideste di sottoporvi a questo supplizio, ma nell’ultima mezz’ora il film regala altre perle d’idiozia e demenzialità, tra le quali spiccano un improbabile equipaggio di anziani col deambulatore e un freno a mano (o meglio, ad ancora!) fatto con un cacciatorpediniere. Quando pensate sia finita, ci sono ancora 5 minuti coi protagonisti che si scattano foto da mettere su facebook facendo smorfie e sparando battute insopportabili. Liam Neeson chiude in bellezza con il cliché n° 3678765 del film, traghettando questa insulsa pellicola fino ai titoli di coda.
L’unica cosa peggiore di un film di Michael Bay è un film che tenta di assomigliare a un film di Michael Bay, e che fallisce pure nel compito.
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